Training Tips: sai condividere il successo dell’Hotel coi tuoi collaboratori?
7 Ottobre 2010Per quanto possa sembrare scontato, il sorriso è il fondamento dell’ospitalità stessa, quella con la “O” maiuscola.
Quello che il front desk, i camerieri, gli addetti alle pulizie ed i collaboratori lasciano trasparire di fronte al cliente è lo specchio del rapporto esistente tra lo staff e il direttore o il proprietario dell’hotel: quando non c’è comprensione, collaborazione e condivisione, si viene a creare un vero e proprio “gap” tra le parti.
Capita qualche volta che il management dell’hotel sottovaluti, ignori o addirittura non si accorga delle insoddisfazioni del proprio team e non percepisca la necessità di correre ai ripari, con il pericolo che il “gap” si allarghi sempre più.
Eppure la soddisfazione e la realizzazione del dipendente non è mai stata tanto importante come oggi: il benessere dei collaboratori è diventato un vero e proprio indice del benessere dell’hotel e della sua capacità di offrire un servizio davvero superlativo ai clienti.
Ecco perché sono ormai indispensabili le riunioni periodiche di gruppo e one-to-one con ogni reparto dell’Hotel, per ascoltare, risolvere, motivare e migliorare il servizio.
Ma attenzione, tutto questo deve basarsi sulla soddisfazione di entrambe le parti, non deve diventare un obbligo indesiderato o una forzatura. È necessario spiegare ai collaboratori le motivazioni che spingono il management dell’hotel a intraprendere una serie di iniziative di conoscenza reciproca. La coercizione è un metodo ormai superato.
Fatte le dovute premesse, è necessario focalizzarsi sugli obiettivi:
- Catalizzare l’attenzione su nuove idee e progetti
- Ispirare un clima emotivo positivo
- Favorire la conoscenza e la nascita di relazioni umane
- Trasferire il valore della qualità del servizio
- Ma soprattutto, coinvolgere & motivare
Riconoscimento in denaro sulla base della brand reputation
L’arte del coinvolgere e del motivare richiede carisma, ma questa purtroppo è una dote che non sempre è presente in chi dirige, e talvolta non basta.
Per motivare ci vuole concretezza, evidenza, valore aggiunto. In poche parole: compensi in denaro. Ma come distribuire questi riconoscimenti? Sulla base di quali obiettivi e parametri?
È semplice: oggi ci sono fattori evidenti e misurabili quotidianamente sulla base dei quali si può giudicare il lavoro dello staff. Sto parlando delle recensioni, del voto di qualità attribuito dai clienti a loro insindacabile giudizio sui social network.
Diventa così facile prevedere degli obiettivi al raggiungimento di un certo posizionamento su TripAdvisor, su Booking.com, Expedia, ecc.
Noi stessi, insieme ad alcuni degli hotel nostri clienti, abbiamo vissuto in prima persona sulla nostra pelle l’efficacia di questi incentivi al raggiungimento di certi risultati sui social network:
- Un netto miglioramento in termini di qualità sul lavoro
- La nascita di un fortissimo spirito di squadra tra tutti i membri dello staff indipendentemente dal loro ruolo, tanto che anche i più ostici hanno iniziato a vivere il posto di lavoro non più come subordinati ma un po’ come se si trattasse della propria attività
- Dimostrazione di cortesia e sorrisi smaglianti e sinceri di fronte ai clienti e ai colleghi, maggior cura nei dettagli delle proprie attività
- Aumento dell’interesse alla formazione professionale
- Un graduale spengersi di quello “spirito di tutela delle inadempienze altrui” che non minano più solo la proprietà o la direzione, ma il raggiungimento dell’obiettivo finale e quindi il riconoscimento economico del team.
Molti hotel hanno già intrapreso questa strada ma la maggior parte ancora crede che il problema siano i clienti troppo esigenti, i direttori poco efficienti, i collaboratori svogliati e i social network mendaci, dove gli ospiti delusi urlano al mondo le lacune della struttura al loro rientro a casa.
Niente di più sbagliato: la soluzione è a portata di mano, ma bisogna crederci e saper premiare chi contribuisce al successo dell’attività.
Duccio Innocenti
Commento da Marcello Coppola — 7 Ottobre 2010, alle ore 11:11
Davvero interessante l’articolo. Condivido il sistema degli incentivi suggeriti anche perché un dipendente può svolgere il lavoro con tutta la passione del mondo, ma gli incentivi in denaro sicuramente fanno ottenere risultati migliori, coinvolgendo anche chi il proprio lavoro lo fa non tanto per passione, ma per “sopravvivenza”.
Un’unica perplessità: secondo voi, parlando terra-terra, a quanto potrebbero ammontare questi incentivi?
Commento da Duccio Innocenti — 7 Ottobre 2010, alle ore 15:54
@Marcello, è difficile dare un parametro standard per i riconoscimenti perchè dipende dalla tipologia di struttura e soprattutto dai livelli di partenza.
Commento da GabUd — 7 Ottobre 2010, alle ore 16:15
good…bell’argomento…
Io penso invece che gli incentivi allo Staff debbano essere legati anche, e soprattutto, ad indici matematici quali Revpar e fatturato.
Che si fa se per esempio abbiamo ottime recensioni e fatturato in caduta libera??? (e non è proprio cosi impossibile)..
io legherei il tutto…recensioni comprese…sarebbe interessante proporre uno schema “matematico”…tabellare…anche per evitare discussioni che metterebbero in difficoltà tutto il lavoro di stimolo fatto con i collaboratori..
Nessuno tra i professionisti che leggono questo blog ha casi pratici?? da noi è ancora tutto un po’..come dire…alla vecchia maniera 🙂
Gab
Commento da Duccio Innocenti — 7 Ottobre 2010, alle ore 16:38
@Gabud
a mio parere lo Staff non è responsabile del fatturato e tantomeno del Revpar che ricondurrei unicamente alla gestione commerciale.
Anzi se salissero i parametri della bran reputaion e scendesse il fatturato avremmo una certezza: motivare il management ad andare all’hotel concorrente diretto 🙂
Commento da GabUd — 7 Ottobre 2010, alle ore 19:52
@ Duccio
io penso invece che tutti, dalla lavapiatti al direttore, concorrono sia per il fatturato che per le Brand Reputation.
Quindi, se si vuole premiare lo staff produttivo, bisogna tenere conto di tutto…che fa un Revenue Manager se le camere sono pulite male?? può mettere i prezzi che vuole..nn le vende facilmente..viceversa una donna ai piani che sa che più camere si vende più possibilità ha di essere premiata, capisce bene che per vendere di più deve fare le camere meglio, cosi come il personale della prima colazione capirà che il cliente al quale ha fatto un bel servizio con il sorriso forse ritorna..quindi più possibilità di essere premiato.
Io vedo tutto il lavoro dell’hotel come un lavoro di Equipe..di gruppo..ognuno ha i suoi compiti..l’obiettivo è comune a tutti…il fatturato.
Poi già mi immagino qualche brava ragazzuola a pregare il cliente di nascosto, con chissà quali metodi poi, di scrivere una recensione che la menzioni solo per farsi premiare.. 🙂
ciao tutti !
Gab
Commento da Duccio Innocenti — 7 Ottobre 2010, alle ore 20:10
il premio è riferito alla qualità del servizio e non alle capacità imprenditoriali; se il management adotta una strategia tariffaria errata magari solo perchè ha fatto un corso troppo accellerato di revenue…
penso questo perchè penso che sarebbe demotivante invece che incentivate… i collaboratori non sono soci che si spartiscono la marginalità dell’impresa.
Commento da GabUd — 8 Ottobre 2010, alle ore 08:28
difatti..il premio è riferito alla qualità del servizio..però per monetizzarlo bisogna avere parametri monetari..quindi io studierei un sistema che prenda in considerazione il fatturato.
Poi ritengo che il servizio dello staff e le capacità imprenditoriali di chi deve vendere siano MOLTO legate tra di loro… è imprescindibile che ognuno ha bisogno dell’altro…quindi tutti premiati e motivati alla stessa maniera.
buona giornata Duccio! 🙂
GAb
Commento da Marcello Coppola — 8 Ottobre 2010, alle ore 08:44
Sono d’accordo con Duccio! Anche perché se riesco ad ottenere un buon fatturato muovendomi bene a livello commerciale, non credo c’entri tanto se la cameriera ha pulito bene oppure no. Quello è il suo lavoro e “DEVE” farlo bene di partenza, senza bisogno di incentivi.
L’incentivo, a mio parere, deve solo essere adottato per raggiungere un obiettivo “superiore”.
In alcune strutture potrebbe bastare una grande cena a fine anno, in altre, invece, bisogna ricorrere al portafogli.
Quello che pensavo è che in una struttura con circa 30-40 dipendenti a contatto con il pubblico…diventano molto onerosi gli incentivi!
Sarebbe interessante un seminario sull’argomento 🙂
Commento da GabUd — 8 Ottobre 2010, alle ore 09:49
Ciao Marcello!
purtroppo non posso guardare solo alle vendite di oggi..devo guardare anche a domani.
Vendere bene oggi è fattibile..un buon “commerciale” lo può fare.
Se però la gente viene in hotel e non trova quello che si aspetta, ed al giorno d’oggi anche qualcosa di più, non torna..e fra un anno il mio commerciale si troverà in difficoltà a vendere…quindi l’incentivo, per il miglioramento è ovvio, è per tutti o per nessuno.
Certo…in un azienda piccola la cena di fine anno (ma ne ho viste troppe..e sinceramente non motivano affatto….) ma anche solo una gestione più “benevola” di piccole cose come possono essere i permessi, i riposi, un regalino qua e là, ma soprattutto un “Grazie” ogni tanto fanno bene il loro lavoro di motivazione.
Nelle aziende con 30-40 persone gli eventuali benefit pesano di sicuro…ma uno staff demotivato pesa molto di più.
Esempio banale: un receptionist motivato è in grado di prenderti una prenotazione che uno con le scatole girate non ti prende…valore della prenotazione presa? varia..ma diciamo pure che 200€ le possiamo conteggiare.
Se succede ogni giorno questa differenza?? fai tu il conto..
se a quest’anima a fine anno gli regali (previo raggiungimento degli obiettivi minimi di fatturato previsti che, a mio avviso, devono essere all’attenzione di tutti) 200€ di premio con un bel grazie vicino di sicuro non fallisci.
PErciò è ovvio che l’incentivo è per avere in cambio un sur plus..ma la base di tutto sono i numeri..non le recensioni che da sole non significano nulla.
buon lavoro!
Gab
Commento da emanuele — 8 Ottobre 2010, alle ore 10:01
Credo non sia particolarmente difficile studiare un sistema di incentivi che sia in parte legato al risultato economico e in parte alla qualità del servizio percepito. Ovviamente il rapporto tra le 2 parti deve variare in base alla mansione svolta dal singolo collaboratore. Mi spiego meglio: per un Revenue Manager e per un Commerciale l’incentivo può essere legato al 100% al risultato economico. Per un addetto alle prenotazioni potrebbe essere legato al 60% al risultato economico e 40% a quello qualitativo. Per un addetto alla Reception può essere 50/50. Per un Cameriere e un Cuoco può essere 30% al risultato economico e 70% a quello qualitativo (anche loro contribuiscono con le loro capacità e ospitalità al risultato economico: se si mangia male o se si è serviti male la gente non spende al ristorante). Per una cameriera ai piani può essere 20/80…
Stabiliti gli obiettivi economici, quelli qualitativi e le percentuali per le diverse mansioni, non dovrebbe essere difficile riuscire a dare il giusto incentivo per il lavoro svolto…sarà più difficile trovare i soldi visto il costo del personale 🙂
Commento da Marcello Coppola — 8 Ottobre 2010, alle ore 13:28
Gab, io non metto in dubbio quello che dici! A mio parere non fa una piega!!
Semplicemente credo che la cortesia, la gentilezza, l’educazione ed il “fare bene il proprio lavoro” dovrebbero, attenzione al condizionale, essere delle prerogative di ogni lavoratore.
In breve, non posso pensare di dare un incentivo ad un receptionist per sorridere ai clienti: fa parte del suo lavoro! Quello deve fare!! Al limite dovrei togliergli qualcosa dallo stipendio se non lo fa 😉
L’incentivo lo vedo come un premio per il lavoro svolto durante tutta la stagione. In questo senso vedo più di buon occhio un premio più sostanzioso dato al “migliore” di ogni reparto. Un po’ come funziona con il “dipendente dell’anno” nelle grandi aziende tipo McDonald.
Che ne pensate? 🙂
Commento da Duccio Innocenti — 8 Ottobre 2010, alle ore 15:12
io penso che se si premia il team… è più facile che non si verifichino competizioni malsane ma soprattutto non finalizzate al successo dell’hotel… di certo il sig. Mc la sa ben più lunga di me 🙂
Commento da Marcello Coppola — 8 Ottobre 2010, alle ore 16:01
Ma Duccio, sai cosa c’è? Che la verità è che non tutti lavorano con la stessa passione…anche sotto la promessa di un incentivo.
Mettiamo che Tizio e Caio lavorano nella stessa struttura. Tizio lavora sodo perché pensa all’incentivo di fine anno. Caio pensa ai fatti suoi, tanto Tizio copre anche il suo per raggiungere l’incentivo.
A fine stagione tutti e due hanno lo stesso incentivo perché non si possono fare distinzioni. Risultato: ho demotivato Tizio che vede in Caio un esempio semplice ed efficace da seguire ottenendo il risultato inverso.
Credo molto nella meritocrazia. I Direttori d’albergo o chi per essi dovrebbero essere presenti nella vita lavorativa di tutti i dipendenti in modo da giudicare giustamente tutti.
In definitiva: sono contrario ad incentivi standard per tutti 🙂
Commento da Duccio Innocenti — 8 Ottobre 2010, alle ore 20:40
secondo me anche i più ostici cambierano approccio… altrimenti sarà il team stesso ad escluderli perchè non vorranno vedere compromesso il risultato globale a causa del singolo…
comunque credo che entrambi i modelli possano funzionare
Commento da GabUd — 9 Ottobre 2010, alle ore 06:45
Ciao a tutti!
@marcello: hai ragione..io non intendevo dire che bisogna premiare una persona perchè quello per cui è già pagato..fino a qui non si discute..è evindente.
Io intendo dire che le persone possono essere motivate, come gruppo, a fare di più.
Poi per l’amor di dio…le casistiche sono tantissime…penso che alla fine ogni responsabile possa decidere come e se premiare in base alla conoscenza che ha della propria squadra.
Ci sarà sicuramente qualcuno che prenderà l’incentivo come un vero stimolo, ed altri che se e gioveranno alle spalle degli altri..ma questi sono proprio gli elementi da eliminare..rovinano tutto il lavoro del team.
Mi piace l’idea di Emanuele delle diverse percentuali…è buona..ci metterei solo un paletto relativo ad un numero minimo di giorni lavorati (magari uno è arrivato da 1 mese e si piglia il premio come gli altri che ne hanno fatti 12 )
In ogni caso io resto dell’idea che la Squadra nelle Sua interezza debba essere eventualmente premiata..con le giuste divisioni in base alle mansioni e con un minimo di dedizione personale riscontrata in maniera innecepibile…e soprattutto ad obiettivi raggiunti.
ciao !
Gab
Commento da giacomo bufalini — 9 Ottobre 2010, alle ore 14:51
Se qualcuno di voi avesse l opportunità di organizzare un seminario con Ottaggio vi assicuro che sviscereremmo dettagliatamente questo tema che a me interessa da tempo, ma i suoi seminiari sono abbastanza cari e non si riesce a trovare il numero minimo di partecipanti o qualche ente che lo sovvenzioni…..
Personalmente adotto una sorta di “regime di incentivi” che si manifestano in denaro o giorni di ferie e che si ottengono al raggiungimento di obiettivi prefissati e/o all’anzianità di servizio, caso questo che serve non tanto ad incentivare quanto a mantenere il personale in azienda. I risultati si apprezzano, l unica cosa che purtroppo devo osservare è che l incentivo sprona molto solo all inizio, nel primo periodo in cui viene riconosciuto, poi è un pò come se venisse dato per scontato, percepito o no che sia. È quindi abbastanza “faticoso” trovare l equilibrio giusto per non sperperare le proprie risorse. Ma se fosse stato facile, …… che ve lo dico a fare…! Un seminario con Ottaggio ci aiuterebbe molto. Io ho i contatti per provare ad organizzarne uno, potrei darvi informazioni in merito e poi se ci va lo facciamo….
Salut!
Giacomo Bufalini
Commento da Riccardo Cocco — 12 Ottobre 2010, alle ore 13:01
Salve a tutti!
Il tema dell’incentivazione è un tema molto controverso. Tale tipo di approccio si legge anche nei vari commenti.
Personalmente reputo che per prima cosa ogni risorsa dell’azienda concorra per propria parte al risultato e non solo una buona strategia commerciale porta dei benefici tangibili. Se, come in un esempio riportato, la cameriera non pulisce bene la camera, ed il commerciale ha strategicamente venduto la struttura, il cliente non ritornerà più. Un altro esempio già citato, nei miei vari percorsi formativi universitari chiedo sempre di indicare chi, secondo i presenti, sia il sales dell’albergo. Ebbene la risposta automatica è: il commerciale. Nulla di più errato! Il sales dell’albergo sono tutte le risorse che ne compongono l’organizzazione. Se il commerciale propone la struttura strategicamente ed efficacemente ad un cliente e poi il cameriere offre un caffè in una tazzina macchiata di rossetto, la strategia va a farsi benedire….
Dall’altra parte l’incentivazione deve mettere tutte le risorse coinvolte sullo stesso piano di partenza, premiando poi chi si distingue. nello specifico vi riporto un esempio di incentivazione perpetrato in una mia precedente esperienza:
Tematica: upselling al Front Office.
Ogni segretario aveva l’opportunità di fare un upselling e su questo ricevere un compenso su base percentuale. Ebbene a tutti è stata data l’opportunità di potersi distinguere. Alcuni, i famosi cavalli di razza, hanno risposto sin dal principio riuscendo a portare a casa un incentivo medio di Euro 300,00/350,00 al mese. Altri stentavano. Questi ultimi vedendo che i colleghi riuscivano nell’intento (ed in un certo senso per non fare una figuraccia con la Direzione) si sono rimboccati le maniche ed hanno portato miglioramenti nel loro modo di agire e proporre gli upselling alla clientela riuscendo in breve tempo a raggiugnere, ed in qualche caso a superare, i colleghi.
Buon lavoro e buone incentivazioni a tutti!
Riccardo Cocco
Commento da dott_stefano_tiribocchi — 12 Ottobre 2010, alle ore 13:30
ne parlavo oggi con un mio amico consulente, l’incentivo VA DATO sempre a fronte di un OBIETTIVO e poi va creato un nuovo OBIETTIVO per un nuvo incentivo, sicuramente lo darei sugli upselling, e poi su target di livello in tripadvisor.
Non date incentivi FISSI COSTANTI, perchè col tempo vengono dati per scontati, ma sempre a fronte di un RISULTATO ben preciso.
S.
Commento da Marcello Coppola — 12 Ottobre 2010, alle ore 13:52
@Riccardo Cocco –> Se la vogliamo prendere con “filosofia” è come dice lei: non è solo il commerciale che vende la camera. Se vogliamo essere concreti e realistici è il commerciale che vende la camera. Il “ritorno” del cliente, invece, dipende anche e soprattutto dal lavoro del resto del personale. Ma se ho l’albergo più pulito del mondo e le tazzine di porcellana decorate a mano, non credo che questo da solo basti a vendere una camera. Mi piace l’idea di “team”, ma non perdiamo il senso delle “responsabilità e meriti personali”.
Comunque mi è piaciuto molto il caso dell’upselling al frontdesk. La sana competizione porta vantaggi anche se in alcune strutture ho notato che c’è una “corsa al cliente” percui si lasciano pratiche e telefono per correre in due\tre da un cliente che vuole prenotare un ristorante dal quale il receptionist riceve una percentuale. Questo con conseguente calo d’immagine nei confronti del cliente. Logicamente tutto dipende dai casi specifici.
@dott. Tribocchi –> Sono d’accordo con lei anche se poi bisognerebbe combattere contro i commenti positivi lasciati su TripAdvisor da amici e conoscenti dei receptionist. Ma forse l’etica non è inclusa in questa discussione.
Insomma…avete ragione tutti!! L’argomento è oltremodo complicato! 🙂
http://www.webeturismo.com (concedetemi un po’ di pubblicità ogni tanto)
Commento da GabUd — 12 Ottobre 2010, alle ore 18:05
Ben tornato Riccardo!
vedo che sia Riccardo che Stefano la pensano come me…il gruppo nella sua interezza è importante, tutti devono essere incentivati a fare di più ed a raggiungere un obiettivo sempre diverso e sempre superiore.
Poi ogni azienda può pensare a 1000 diversi modi di incentivare..tt sta nel capire il modo migliore di farlo..
Buona serata!
Gabriele
Commento da Riccardo Cocco — 13 Ottobre 2010, alle ore 21:37
@Marcello Coppola:
Lancio una provocazione.
Se il mio albergo non avesse un commerciale per vendere le mie camere, queste si venderebbero da sole in internet.
Se il mio albergo non avesse la cameriera le camere non si pulirebbero da sole……
Grazie GabUd…
Buon lavoro e buone pulizie delle camere a tutti!
Riccardo Cocco
Commento da Marcello Coppola — 14 Ottobre 2010, alle ore 08:36
Credo che ci sia molta confusione… 🙂
Commento da GabUd — 14 Ottobre 2010, alle ore 09:43
Concordo con Riccardo.
non mi piace molto il modo di pensare che un commerciale è un dio in terra e la donna ai piani è una serva che deve lavorare e basta.
A me piace paragonare il Gruppo di lavoro ad una squadra di calcio: avere il fenomeno che può fare la differenza è importante (e già di per se è pagato meglio proprio perchè è fenomeno)..però la mia squadra necessità anche di chi fa il lavoro sporco..l’Oriali della situazione.
Perciò il compito del Mister è di coinvolgere tutto il gruppo, rendere partecipi tutti degli obiettivi della squadra..non solo il numero 1.. se poi, come da obiettivo, ho vinto lo scudetto..il premio va a tutti perchè grazie a tutti sono riuscito a farlo.
Ciao!
Gab
Commento da Marcello Coppola — 14 Ottobre 2010, alle ore 11:44
Potrei scrivere un commento chilometrico, ma vi invito solo a rileggere “bene” i commenti precedenti.
Non mi sembra di aver detto che le cameriere ai piani non abbiano merito. Semplicemente ognuno ha meriti diversi che non possono essere confusi!
Un team non è altro che un insieme di persone con compiti diversi!
Se le cameriere puliscono alla perfezione, ma il commerciale non riesce a portare nessuno in casa, il demerito è anche delle cameriere? :-\
Commento da GabUd — 14 Ottobre 2010, alle ore 16:23
@ Marcello – io non intendevo riferirmi nella fattispecie a nessuno dei tuoi commenti..era una constatazione generale..purtroppo tanti albergatori trattano le donne come fossero non farmi dire cosa mentre chi svolge altri ruoli magari è idolatrato..tt qui. 🙂
ciao
Gab
Commento da Roberto Peschiera — 2 Febbraio 2011, alle ore 15:36
La responsabilizzazione e il miglioramento
Alcuni manager, di fronte agli attuali scenari macro-economici ed evolutivi, di fronte al cambiamento continuo e all’innovazione, considerano la responsabilizzazione fondamentale affinché un’azienda possa avere successo.
La Responsabilizzazione (Empowerment) dei dipendenti e/o collaboratori è dunque un tema attuale e interessante e merita una riflessione..
L’empowerment mira a fornire maggior “potere” alla persona. Infatti, tramite questo processo si acquisisce maggiore padronanza, controllo e potere personale nel lavoro e nella propria vita, con effetti importanti sull’autostima, sulla sicurezza e sul sentirsi artefici del proprio destino e dei propri risultati.
L’empowerment mira a coinvolgere i collaboratori, a motivarli. Ogni individuo all’interno dell’organizzazione sente di avere più possibilità di sviluppo e crescita, che gli potranno essere utili da subito ma anche nel proseguimento della sua carriera. Tutto questo vuol dire lavorare sulla flessibilità, sulla capacità di prendere una decisione ed essere alla continua ricerca di soluzioni senza fermarsi al problema: parliamo di pro attività.
I risultati e la carriera, infatti, non sono più legati e non dipendono più, come in passato, da qualcun altro e dall’azienda, e la mentalità del “posto fisso” è da considerarsi ormai anacronistica. Molte persone, probabilmente, cambieranno azienda più volte nel corso della loro vita lavorativa, questo può portare “stress negativo” ma anche offrire “più possibilità”, a condizione però che siano pronte ad assumersi prima di tutto la responsabilità dei propri risultati e della propria crescita. E per poter crescere è importante proprio assumersi responsabilità. La crescita dell’azienda dipende dunque dalla crescita delle persone e viceversa.
La formazione e l’aggiornamento rivestono allora un ruolo importantissimo. Allo stesso tempo è importante imparare dalle esperienze. Purtroppo siamo spaventati dalla “possibilità di errore” e questo, in molti casi, produce inattività. Ma è meglio agire, sbagliare e imparare o è meglio rimanere immobili per paura di sbagliare? Per quanto mi riguarda preferisco chi, pur sbagliando, agisce e impara.
In questo scenario, i manager svolgono sempre di più il ruolo di “coach”. Non è però così scontato che sia manager sia collaboratori riescano a cogliere le opportunità, siano pronti ad assumersi responsabilità e aperti a questo tipo di cambiamento. E’ anche una questione di abitudini. Non siamo abituati ad assumerci responsabilità, a cambiare, e preferiamo rimanere nella nostra “zona di comfort” in cui ci è tutto familiare e ci sentiamo più sicuri. Uscire dalla propria zona “comoda” è un cambiamento necessario per crescere ed è proprio nel momento in cui decidiamo di cambiare che iniziamo ad assumerci una responsabilità importante.
La formazione, in questo processo, può svolgere quindi un ruolo forte ed ha due macro-obiettivi:
– favorire e agevolare il cambiamento
– offrire nuove possibilità e far cogliere nuove opportunità
Forti delle conoscenze acquisite, si accresce la consapevolezza, ci si sente in grado di fare, si hanno più possibilità e scelte e, quindi, si è anche più pronti ad assumersi responsabilità.
“Responsabilità” che può essere intesa anche come abilità nel rispondere e significa che possiamo scegliere le nostre “risposte”, sempre, in ogni momento. Anche questo ci fornisce un enorme potere in ogni sfera della nostra vita. Dunque, chi vuole “più potere” può cercarlo per prima cosa all’interno di se, iniziando ad assumersi la responsabilità dei suoi “risultati” e della sua vita. Solo in seguito potrà avere il potere di “cambiare” l’ambiente: nel momento in cui si raggiunge il pieno potere personale, quello sull’esterno è quasi una naturale conseguenza, viene in automatico, non c’è bisogno di “combattere” per ottenerlo.
Commento da marghe — 3 Febbraio 2011, alle ore 12:36
Grazie Roberto,
la trovo una riflessione fondamentale, e non solo per gli albergatori, ma per tutte le aziende, che dovrebbero imparare che la loro crescita dipende dalla crescita dei loro dipendenti!
se il tuo staff non si mette in discussione e se tu non dai la possibilità al tuo staff di farlo per semplice paura delle conseguenze (positive o negative che siano)o per timore di perdere il controllo, allora la tua è una struttura destinata all’immobilismo e alla mancanza di miglioramento.
Commento da Roberto Peschiera — 3 Febbraio 2011, alle ore 13:08
quando non addirittura, ma questa terza ipotesi è certamente la meno auspicabile, arrivare alla fine del proprio C.V.P. e chiudere “bottega” come tanti, troppi esempi ci hanno recentemente, dolorosamente dimostrato, essere l’unica soluzione praticabile!
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