Hotel web marketing: l’arte di vendere… senza vendere!
31 Maggio 2013Se c’è una cosa che non sopporto è entrare in un negozio ed essere assalito dal commesso che tenta a tutti i costi di farmi comprare qualcosa e che mi sobilla con le nuove offerte disponibili. State certi che la mia reazione a questo tipo di approccio è la fuga immediata senza neanche dare un’occhiata.
La stessa cosa accade online: una comunicazione volta alla vendita troppo aggressiva da parte del vostro hotel, può spaventare gli utenti. Per quanto possa apparire una contraddizione, se volete vendere, evitate di vendere!
Facendo web marketing per gli hotel, ho capito che gli utenti vanno conquistati con il valore, più che urlando sconti e offerte speciali, per quanto anche queste leve giochino un ruolo chiave nella promozione.
Per ogni cosa c’è un momento e un luogo giusto e non sempre è il momento di vendere.
4 Casi in cui non dovete pensare solo a vendere
Vedere il vostro cliente come una carta di credito pronta a effettuare una transazione non è il miglior modo per fare ospitalità, né per vendere.
Prima di tutto ricordate che il vostro cliente è una persona in cerca di un’esperienza: un momento di relax, un’avventura, un regalo prezioso, un’occasione di apprendimento. Dimostrate ai vostri clienti che capite questa esigenza dando loro quello che cercano:
1. Il sito ufficiale non è una televendita
Siamo tutti d’accordo che il sito sia fatto apposta per vendere… ma c’è modo e modo. Verso il sito si concentrano tutti gli sforzi di marketing per aumentare le prenotazioni dirette, ma proprio per questo, qui è necessario non solo vendere, ma supportare con consigli, informazioni, dettagli, tutte le fasi del processo di prenotazione.
Evitate i toni da televendita, le banali descrizioni e i testi pieni zeppi di parole chiave, ma create testi pensati e equilibrati, che facciano volare la fantasia del vostro cliente e che valorizzino con sincerità e sobrietà la USP del vostro hotel.
Poi ovviamente date spazio e mettete in evidenza una bella sezione che ospiti le vostre offerte speciali e i pacchetti in corso, con il relativo link diretto alla prenotazione.
2.Social Network per coinvolgere
I social network, come Facebook e Twitter, non sono una piattaforma di vendita online, ma uno spazio pensato per farvi conoscere e per creare engagement. Chi vi segue su Facebook lo fa perché vuole capire chi siete e stabilire un contatto con il vostro hotel. Non per ricevere offerte speciali in continuazione: per quello c’è Groupon!
Sui social media dovete valorizzare la vostra “unique selling proposition”, far percepire il vostro valore ai clienti e far nascere in loro il desiderio di venirvi a trovare.
Saltuariamente potete parlare anche delle vostre offerte, ma che non divengano il tema principiale. Se proprio volete far in modo che anche Facebook sia un canale di vendita, utilizzate delle tab indipendenti, ad esempio una dedicata al vostro booking engine, oppure una dove promuovere l’iscrizione alla pagina offrendo un piccolo sconto ai vostri fan. L’importante è evitare che la vostra bacheca si riempia di offerte speciali come fossero spam.
Uno dei nostri clienti, l’Hotel Monsignor della Casa, ha una pagina Facebook dove posta immagini, recensioni e altri consigli sul Mugello. L’engagement è ottimo e questo influisce positivamente anche sul sito ufficiale: come vedete nell’ultimo periodo Facebook è la quarta fonte referral di visite:
Facebook ha contribuito indirettamente a 11 conversioni e direttamente a 9 conversioni, anche se l’hotel soltanto raramente mette a conoscenza delle proprie offerte sulla pagina ufficiale:
(passa il mouse sull’immagine per ingrandirla)
Stessa cosa vale per Twitter: continuo a vedere bacheche cariche di offerte speciali, senza alcun accenno a una conversazione o ad informazioni di valore. Eppure Twitter si è dimostrato una risorsa vincente soprattutto come supporto ai clienti e Customer care. Non snaturate questo canale e non lo rendete solo una bacheca di offerte speciali.
3. Campagne PPC: quando l’emozione vince sullo sconto
Quando promuovete il vostro hotel attraverso una campagna PPC, non pensate soltanto a sconti, a offerte speciali e a servizi gratuiti, ma puntate sull’engagement e le emozioni.
Se un utente è in fase decisionale e vuole quindi prenotare, sarà maggiormente attratto da un’offerta speciale, ma se è in fase di progettazione e magari è solo a caccia di idee e di stimoli, un annuncio che punta sull’emotività riscuoterà più successo.
Così facendo in molti casi i nostri clienti hanno ottenuto sia un ottimo CTR che conversioni. Qui si gioca sull’immaginazione, sulla suggestione, si investe sui sogni.
Se volete però che i vostri annunci vendano davvero, ricordate di essere onesti: non promuovete sconti che poi, una volta sul sito, non farete, o tariffe più basse rispetto a quelle del vostro booking. Quello che l’utente vede sull’annuncio, dovrà trovarlo anche sul sito, si che si tratti di emozioni, che di sconti.
4. Il blog: un regalo disinteressato
Se avete deciso di aprire un blog per la vostra struttura, dovete farlo non per aumentare le vendite, ma per portare del vero valore ai vostri clienti (oltre che per fare un po’ di sano SEO). Per creare engagement e fiducia con i potenziali ospiti, dovete essere pronti a dare anche senza ricevere. Solo così l’utente si fiderà di voi e capirà che oltre ad essere un’ottima risorsa di informazioni, potreste essere anche un ottimo ospite in caso di vacanza.(vedi articolo: Le 5 domande fondamentali da porsi prima di aprire un blog per l’hotel).
Spesso è proprio nel momento in cui si cessa di tentare a tutti i costi di vendere e ci si concentra sulle esigenze degli ospiti, che si riesce a convertire di più e a incrementare le prenotazioni. A voi non è mai capitato?
Commento da Antonio Greci — 4 Giugno 2013, alle ore 04:22
Questa è la vendita centrata sul cliente. E’ certamente la più efficace. C’è ancora chi vende solo il prodotto impiegando molto più tempo ed energie. Questo tipo di venditore è più un costo che altro. Vi sono tante “scuole” di vendita diretta. Pochissime che sappiamo addestrare il venditore alla vendita centrata sui bisogni, dubbi, desideri, ecc. del cliente. D’altronde in una società di sordi come si può pensare che vi possa essere qualcuno che sappia vendere senza stress, semplicemente ascoltando. Eppure siamo in tanti a farlo. Io per esempio dal 1990. La forza della vendita centrata sul cliente è che trasforma un semplice acquirente in un fedele cliente in pochi istanti. E’ solo questione di allenamento. Ottimo articolo.
Commento da marghe — 4 Giugno 2013, alle ore 10:08
Ciao Antonio. Sì il nostro intento era proprio quello di far capire come vendere non voglia dire per forza “sbolognare” qualcosa o convincere a comprare… di questi tempi poi, dove tutti prima di tirare fuori il portafoglio ci pensano 20 volte, è ancora più importante pensare ai bisogni di chi ci sta davanti più che imbambolarlo con le promesse, che suonano sempre false.
Commento da Antonio Greci — 5 Giugno 2013, alle ore 10:36
Ciao marghe,
l’importanza dei vostri articoli verte sulla capacità di dimostrare come e quanto il mercato reale, quello che si affronta quotidianamente, abbia bisogno di nuove figure e competenze che le istituzioni, e non solo, non riescono a percepire per pura e grassa ignoranza. Parlo degli istituti e delle scuole professionali di settore come le università. Come si troverà il novello direttore commerciale se a scuola nessuno gli ha mai parlato schiettamente di vendita? La differenza tra vendita distributiva e vendita creativa? Ma lo sanno che la prima vendita creativa fu fatta da James Watt nel 1790 in America, quando vendette la prima macchina a vapore confrontandola con il lavoro svolto da un cavallo? Che la formula AIDA fu creata nel lontano 1898 da E. ST. Elmo Lewis? E mi fermo qui per non annoiarvi. In Italia poche facoltà universitarie, soprattutto di settore e di tendenza, hanno corsi più sulla negoziazione che sulla vendita. Vendere è ancora retaggio dei “privati”. Evidenziarne, con articoli come quelli che proponete, l’incongruenza, soprattutto per chi dovrà decidersi nell’intrapprendere il percorso “del” marketing, è importantissimo. Negli USA come nel UK, tutto questo è scontato. Il vostro blog, come la professione di consulente sono fonte e patrimonio di informazioni di valore incalcolabile per la ricerca. Hanno, oltre tutto, se categorizzate per settore, un loro reale valore economico. Non qui in Italia ovviamente. Vi propongo questo esempio che mi è realmente accaduto alcuni anni fa. Durante una mia lezione sui flussi turistici presso un istituto commerciale italiano, tra l’altro formava e forma futuri receptionist nonché direttori di albergo, ho chiesto dove sono ubicate le Isole Canarie. Era una classe del quinto anno. Nessuno lo sapeva. La “scolara” più intrapprendente è uscita dall’aula, ed è tornata con la bidella, la quale, tronfa di sapienza, ha spiegato alla classe dove sono le Canarie perché v’era stata in ferie. Ho detto tutto.
N.B. Ho definito la ragazzina, “scolara” e non “studentessa” per l’evidente contraddizione che non lo consente.
Commento da marghe — 6 Giugno 2013, alle ore 09:24
Buongiorno Antonio, in effetti concordo con te sul fatto che la “vendita” come esercizio di marketing di qualità non è molto contemplata. Almeno non in Italia. All’estero, soprattutto negli Stati Uniti, oggi si è capito che sul web si può vendere senza vendere, soprattutto regalando contenuti, che fanno di un’azienda una realtà solida, affidabile, che si conosce e si impara a capire (noi ci crediamo, perché lo facciamo tutti i giorni con questo blog :-)) Così si vende, non solo con gli sconti. I contenuti di qualità sono garanzia di qualità dei prodotti! Qui la vendita non ha dignità come disciplina, assume già di per sé un significato negativo, escludendo a priori le nuove tecniche di vendita intelligente. Alla fine dei conti, sai qual è la verità? La verità è che non ci si dovrebbe concentrare sulla vendita, ma sul cliente. Questo proprio è un concetto estraneo in molti dei nostri settori commerciali.
PS: a proposito del tuo esempio in chiusura, devo dire che anche io ho avuto un’esperienza sconcertante. Ho passato un anno come studentessa Erasmus in una rinomata università della Gran Bretagna. Sono rimasta scioccata dal fatto che ai corsi superiori non ci venisse richiesto di studiare dei libri, ma questi venivano solo consigliati per prepararsi all’esame scritto. Le lezioni erano veri e propri dibattiti e ogni sei mesi dovevi consegnare una tesina, e guai a scrivere cose riprese da un libro. Dovevi “esprimere la tua opinione”, dovevi fare della critica. Con tutti i loro limiti (non potrei mai paragonare la mia sudata laurea del vecchio ordinamento a una delle loro), lì ti insegnano a pensare con la tua testa e non semplicemente a ripetere dati, come troppo spesso accade da noi. Questioni di mentalità evidentemente (purtroppo).
Commento da gretamaddalena — 14 Agosto 2013, alle ore 00:07
Io parlo per la mia esperienza personale vissuta negli hotel della riviera romagnola. Qui troppo spesso, per non dire quasi mai, ci si affida a web agency che ti vendono il solito pacchetto per darti visibilità o ti chiedono cifre esorbitanti per servizi che tranquillamente potrebbero essere internalizzati. Ho visto pagare ben 3.500€ per una campagna AdWords!! Follia pura