Harvard Business Review: come NON costruire una relazione con i clienti del vostro hotel
18 Luglio 2012Che cosa desidera davvero un consumatore di fronte a un brand conosciuto? Instaurare un dialogo oppure avere accesso facilitato a sconti e offerte? Che cosa spenge un cliente a diventare fedele a un marchio – sui social media e non solo?
Secondo l’Harvard Business Review i responsabili marketing hanno solitamente una visione distorta di quello che desiderano gli acquirenti e, in una recente analisi, spiegano come la realtà sia molto diversa sulle due sponde del mercato.
L’intervista condotta su ben 7000 consumatori, rivela che “le aziende hanno spesso idee sbagliate riguardo a come entrare in contatto con i propri consumatori”. La maggior parte dei marketer infatti pensa che “il modo migliore per mantenere un contatto con i clienti sia attraverso l’engagement – interagire con loro il più possibile e creare delle relazioni”. Ma non sempre è così, anche nel mondo del Turismo.
- Non è vero che la maggior parte dei consumatori vuole una relazione con il vostro brand
Secondo lo studio solo il 23% dice di volerlo. Il 77% afferma: “E’ solo un brand. Non un membro della mia famiglia.” Tutto quello che vogliono i consumatori quando interagiscono con un brand online – continua l’articolo – sono gli sconti.
Secondo il Corriere il termine “relazione” significa “Legame tra due o più persone o cose”. Quando si può dire di aver creato un legame? Io credo che il legame si stabilisca – in ambito turistico – ben prima dell’incontro online, e di certo non per ricevere sconti come prima motivazione. Il legame si stabilisce off-line, attraverso un ottimo servizio, un atteggiamento amichevole, un soggiorno da ricordare.Io credo che con l’hotel si crei spesso un rapporto quasi di “complicità”. L’hotel diventa depositario di un’esperienza di viaggio importante e allo stesso tempo il veicolo di un benessere passato che si desidera sperimentare di nuovo. Dunque rimanere in contatto con l’hotel, significa condividere un ricordo comune a entrambi e allo stesso tempo lasciare aperta la porta a quell’esperienza, perché accada di nuovo.Harvard suggerisce di identificare quel 23% di utenti che dicono sì a una relazione col brand e concentrarsi su di loro, e in questo mi trovano d’accordo. Meglio pochi contatti ma buoni. Non importa se su Facebook avete solo 500 amici invece che qualche migliaio. L’importante è che siano quelli giusti.
- Le interazioni NON costruiscono relazioni
“I valori condivisi creano relazioni. Un valore condiviso è la convinzione che sia il brand che il consumatore hanno su un più alto proposito o una più ampia filosofia proprie del brand stesso. Ad esempio la SouthWest Airline basa la sua attività sul valore della democratizzazione dei viaggi aerei.”
Nella ricerca effettuata, il 64% dei consumatori considera i valori condivisi come prima ragione per avere un rapporto con un brand. Solo il 13% ha citato le interazioni ripetute come mezzo per creare una relazione.Lo studio dell’HBR cita a questo proposito la mission dell’Harley Davidson: “Realizzare i sogni attraverso l’esperienza della motocicletta”. L’Harley Davidson ha allo stesso tempo un sogno e una mission, che sono gli stessi dei propri clienti.Certo non ci si può aspettare che scambiando qualche tweet con un utente, questo voglia stabilire una relazione col nostro hotel. Il cliente desidera mantenere una relazione con l’hotel se questo ha dimostrato sul campo di rispettare i valori dell’ospite, se ha mantenuto fede alle aspettative create prima del soggiorno stesso.
Ricordate i “core values” di Marriott? “Putting people first, pursuing excellence, embracing change, acting with integrity and serving our world”. Il successo e l’apprezzamento che riceve Marriott a livello internazionale dipende soprattutto dal fatto che ce la mette tutta per mantenere fede ai suoi valori, senza dubbio condivisi dai suoi clienti. E voi avete una mission? Avete condiviso con i vostri clienti i vostri valori?
- Aumentare le interazioni NON sempre migliora il rapporto con il cliente
“Non c’è correlazione diretta tra le interazioni con un cliente e la possibilità che questo divenga attaccato al brand (passi attraverso un acquisto volontario, acquisti ancora, e raccomandi). Nella realtà, la relazione lineare si appiattisce molto più velocemente di quello che si pensi: presto, interazioni utili divengono un fiume straripante.”
Questo significa andarci piano con il numero delle newsletter, dei tweet, dei post su Facebook e con il remarketing. Lasciamo respirare i nostri clienti e condividiamo con loro solo i contenuti di valore, altrimenti rischieremo solo di allontanarli. Come conclude lo studio: “L’attenzione che conquisti è preziosa” e non deve essere sprecata o vanificata da azioni marketing inutilmente insistenti.
Che cosa ne pensate dei risultati della ricerca e dell’analisi fatta dall’Harvard Business Review? Su che cosa si basa la relazione che stabilite con i vostri ospiti?
Fonte: Blog Harvard Review
Commento da Antonio Greci — 25 Luglio 2012, alle ore 07:44
Rappresentazioni sociali e coerenza. Basterebbero questi due concetti per iniziare ad apprendere cosa sia una relazione interpersonale e le ipotesi di “Brand”. Parlo di due elementari esempi di psicologia sociale e delle possibili diverse applicazioni in campo, sia di marketing che prettamente di vendita. La contaminazione di una parossistica ricerca dell’avanzato, del nuovo, del web marketing a tutti i costi, tanto per banalizzare, mostra la mancanza di preparazione degli operatori. Non può esserci creatività senza preparazione al creare. Basterebbe verificare cosa rappresenta per il cliente il ricordo positivo di un semplice dettaglio relazionale sia verbale che non verbale che cinesico. Non solo parole ma anche oggetti. Infatti “Gli oggetti parlano”. Prof. Achille Varzi “docet”. Ancora di più in albergo come in aereo o nella boutique dei vetri Murano e dei damaschi di Venezia: “Gli oggetti parlano di noi.” . La coerenza è nell’essere coerenti con ciò che gli oggetti dicono di noi. Potrebbe non essere necessario svendere le camere sul web, sfiancando il personale in albergo e invece saper trasmettere, sempre sul web, la qualità delle nostre relazioni con il cliente . Ad Harvard i nostri (italiani) migliori cervelli insegnano anche questo. Essi promuovono master per i nostri manager (italiani) che poi lavoreranno all’estero. A buon intenditor poche parole.
Pingback da Google Alert – BUSINESS NEWS – Easy News Press Agency | Easy News Press Agency — 5 Agosto 2012, alle ore 10:37
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