Brand Reputation Scoop: ReviewPro e Cornell lanciano il Revenue Optimizer
5 Aprile 2013Arrivano in anteprima per Booking Blog tutti i dettagli sul Revenue Optimizer, l’innovativo strumento realizzato da ReviewPro in collaborazione con Cornell University e Melià Hotels per aiutare gli hotel a ottimizzare le revenue in relazione alla propria brand reputation e a quella dei competitor.
Lo strumento è nato come applicazione pratica dello studio realizzato sempre dalla Cornell con ReviewPro e diffuso qualche mese fa a dimostrazione inconfutabile del legame esistente tra brand reputation e revenue dell’hotel.
Nell’articolo “Recensioni e Revenue: la reputazione è direttamente proporzionale ai profitti” dello scorso novembre, riportavamo i risultati dello studio. In pratica, combinando i dati del Global Review Index e di STR, è stato dimostrato che per ogni punto percentuale in più di GRI, l’ADR può crescere dello 0,89%, l’occupazione del 0,54% e il RevPAR dell’1,42%.
Fu proprio in quell’occasione che Fernando Vives Soler, Global Director Revenue Management della catena Melià Hotels International, spiegò come la catena alberghiera stesse applicando e sperimentando un quadro di collegamento della reputazione con gli indici tariffari in relazione ai competitor.
È grazie a questo esperimento che è nato il nuovo indice Competitive Quality Index, che valuta la brand reputation dell’hotel rispetto ai propri competitor, e che tra poco sarà disponibile il Revenue Optimizer.
Lo stesso RJ Friedlandeer, CEO di ReviewPRO, ha espresso soddisfazione per l’a sinergia nata con il gruppo alberghiero, e conferma che lo strumento potrà essere un valido aiuto per ogni tipologia di struttura: “La catena Meliá Hotels International è stata pioniera nell’integrazione dei dati da noi forniti sulla reputazione all’interno delle sue strategie per massimizzare le revenue e i risultati sono stati straordinari. Con il lancio del Revenue Optimizer, revenue manager e gruppi alberghieri di qualsiasi grandezza potranno beneficiare di questa Customer intelligence.”
Revenue Optimizer: come funziona
Secondo il comunicato ufficiale, il Revenue Optimizer è un “nuovo modulo che dà la possibilità agli hotel di misurare il grado di ottimizzazione del proprio RevPAR. Ogni hotel potrà tracciare l’ADR, l’occupazione e il RevPAR dei diretti competitor per meglio capire e sviluppare strategie basate sulla relazione tra la soddisfazione del cliente e l’ottimizzazione della tariffa.”
In poche parole, con il revenue Optimizer l’albergatore potrà capire come ottimizzare i profitti intervenendo a seconda dei casi sulle proprie tariffe o sul servizio per migliorare la reputazione.
In un’unica schermata mostrata di seguito, l’hotel potrà vedere in quale quadrante si trova rispetto ai competitor da lui indicati:
- Quadrante verde (Optimized): situazione ottimale in cui tariffe e reputazione sono alte e vanno di pari passo
- Quadrante blu (Revenue Opportunity): indica la situazione in cui la reputazione sia abbastanza alta da permettere di aumentare le tariffe senza andare a incidere sull’occupazione
- Quadrante giallo (Revenue Risk): indica la situazione in cui le proprie tariffe siano percepite come troppo alte rispetto alla propria reputazione. In questo caso è consigliabile abbassare le tariffe o mettere in atto azioni correttive per migliorare le recensioni.
- Quadrante rosso (Problematic): indica la situazione più problematica, in cui l’hotel risente di una pessima reputazione ed è costretto a far leva sulle tariffe per battere i competitor.
Nell’immagine seguente vediamo l’esempio di una catena alberghiera con 45 hotel. In questo caso è possibile visualizzare la situazione di ciascuna delle strutture in termini di revenue e soddisfazione dei clienti. Di queste, solo 3 (quelle nel quadrante verde) sono già in una situazione ottimizzata sia a livello di reputazione che di tariffe.
14 hotel si trovano invece nel quadrante azzurro, quello delle opportunità, segno che in questo caso c’è margine per aumentare le tariffe senza perdere occupazione a vantaggio dei competitor.
Per gli altri, nei quadranti giallo e rosso, le iniziative da prendere riguarderanno più l’area della reputazione.
Come intervenire?
Oltre ad analizzare la propria situazione sul mercato, il Revenue Optimizer dà i giusti consigli per sviluppare un’adeguata strategia di miglioramento.
Per ognuno degli hotel, il Revenue Optimizer indica infatti vari parametri a cui fare attenzione o su cui intervenire, per migliorare la reputazione o accrescere le revenue.
Senz’altro si tratta di uno strumento che può essere di grande utilità, perché offre un quadro facilmente leggibile e in tempo reale del proprio posizionamento, che si può tradurre in una strategia di azione immediata per intervenire sui profitti dell’hotel.
Restiamo in attesa di vedere all’opera il nuovo strumento, del cui beta test potremo presto usufruire in anteprima.
Voi che cosa ne pensate? Se desiderate provarlo, richiedete una demo alle condizioni speciali riservate a QNT Hospitality direttamente da questa pagina: http://www.reviewpro.com/qnt2?rpref=qnt
Commento da Flavio — 5 Aprile 2013, alle ore 18:29
Per chi ha un po’ di familiarità con Excel (e la matematica)… provo a suggerire una soluzione “fai da te” 🙂
Impostare un grafico a dispersione con prezzi (in una data x) e punteggi del proprio albergo e dei concorrenti. Interpolare una retta.
Gli hotel sopra la retta offrono un rapporto svantaggioso prezzo/ qualità (tanto più quanto più distanti dalla retta). E viceversa quelli sotto.
Cambiando il proprio prezzo, si vede come si muove la retta, e la posizione del proprio hotel rispetto ai concorrenti.
Voilà! Gratis! 🙂
Commento da Antonio Greci — 6 Aprile 2013, alle ore 07:58
Expedia lo aveva già evidenziato. Ma non c’era bisogno di fare grandi ricerche scientifiche, ( sarebbe tutto da vedere alla luce di Popper, ma andremmo fuori tema.)per confermare ciò che tutti sappiamo: è il cliente che fa l’albergo e non il contrario!… “dimostrazione inconfutabile del legame esistente tra brand reputation e revenue dell’hotel”… questo lo sapeva, e lo raccontava a mio padre, mio nonno quando agli inizi del ‘900 aprì due alberghi sulla costa adriatica. Sarei proprio curioso di sapere su quale base hanno impostato l’algoritmo per il calcolo delle percentuali statistiche…
Commento da marghe — 8 Aprile 2013, alle ore 09:03
Ciao Antonio, ti posso assicurare che quello che per alcuni è scontato per molti non lo è. Lo dimostra il fatto che ancora moltissimi albergatori non curano la reputazione, non rispondono alle recensioni, ecc. In più bisogna dare atto alla Cornell e a ReviewPro che per la prima volta si è fatto uno studio con un fondamento scientifico sull’argomento. A livello logico la nostra azienda ha sempre sostenuto che i prezzi dovessero essere variati in modo adeguato a seconda dalla reputazione ma da qui a definire in modo scientifico l’argomento ce ne passa…
Commento da Antonio Greci — 9 Aprile 2013, alle ore 13:24
Ciao Marghe,
qualsiasi ricerca è un passo avanti rispetto a ciò che non era. Per l’appunto ho citato Popper ed il suo modello teorico falsificazionista (P1>TT>EE>P2) . Anche Booking.blog è sempre un passo avanti. Sono sempre attento a tutto ciò di cui ci informa ed agli interventi che ne derivano.
Il fatto è che non so se:
1)esiste una comunità scientifica accreditata che possa vagliare la ricerca in questione,
2)se è stata presentata tale ricerca ad una suddetta comunità,
3)se tale comunità l’abbia riconosciuta come valida.
Alla fine, il rischio potrebbe essere dare un modello teoricamente efficiente in mani che potrebbero usarlo inopportunamente. La raccolta, la repertazione dei dati e la loro condivisione sono fondamentali. Si pensi alla differenziazione dei contesti, (le fonti), sulla quale iniziare la raccolta dei dati. Se ciò non viene categorizzato e riconosciuto come valido, potrebbe portare a risultati distanti dalla realtà. Per semplificare: ad ogni inizio di relazione con il cliente chiedo sempre di risponder-si a queste semplici domande: a) chi sono, b) dove opero, c) cosa propongo, d) a chi lo propongo. Se mente, non ho interesse a continuare con chi è chiuso al dialogo.
Ti ringrazio per il tuo intervento che ho apprezzato.
Commento da marghe — 9 Aprile 2013, alle ore 17:33
Ciao Antonio,
grazie a te per tutti gli spunti di riflessione che ci regali! D’altronde noi facciamo il possibile per mantenervi aggiornati ma senza il dialogo un blog perde la sua ragion d’essere 🙂
Guarda quello che dici lo condivido in pieno, difatti spesso quando pubblichiamo studi e ricerche magari di Google o di TripAdvisor, ci teniamo sempre a spiegare le basi su cui sono stati condotti perché è innegabile che quando ci sono “conflitti di interessi” non ci si può esimere dall’avere certi ragionevoli dubbi sui risultati – che talvolta sono distanti dai dati reali in nostro possesso.
Confesso che a questa ricerca siamo particolarmente legati. La QNT, che tanti anni fa ha creato Booking Blog, è stata una delle prime realtà web italiane dedicate al settore dell’Ospitalità e negli ultimi anni l’analisi e il monitoraggio costante delle performance dei nostri clienti ci avevano già fatto capire la relazione tangibile tra revenue e recensioni, anche se non potevamo certo quantizzarla. Stessa cosa valeva per il billboard effect, di cui già parlavamo nei nostri corsi di web marketing turistico 5 o 6 anni fa, anche se magari non con quel nome.
Senz’altro si può ritenere la Cornell University una comunità scientifica accreditata a livello internazionale, quindi per noi gli studi pubblicati hanno assunto un forte valore alla luce di quelle che erano già certezze per noi.
A proposito di ReviewPro, non abbiamo mai negato che siano nostri partner, ma proprio per questo ci sentiamo sicuri della serietà e professionalità con cui sperimentano e portano avanti sempre nuove funzionalità per gli hotel. Con il Maremma Brand Index, di cui abbiamo parlato estensivamente anche qui sul blog, hanno fatto un ottimo lavoro. Chi ci conosce sa che difficilmente sul blog prendiamo le parti e quasi mai promuoviamo servizi a pagamento che non abbiamo testato e di cui abbiamo sperimentato l’efficacia.
Detto ciò, concordo con te che sempre più spesso girino in rete studi “farlocchi” o con basi non abbastanza ampie e rappresentative, cosa che potrebbe portare a vedere le cose in modo distorto o non aderente alla realtà.