Airbnb sotto accusa: in America il 40% delle revenue generate da attività illegali

leggi l’articolo completo...Airbnb non trova pace. Quelle che sembravano solo accuse lanciate dai detrattori per screditare la sua immagine, oggi trovano un’amara conferma nelle pagine di un report appena pubblicato. 

Secondo l’analisi – effettuata dalla Penn University per conto della American Hotel & Lodging Association (AH&LA). – una grossa fetta dei guadagni di Airbnb in USA proviene infatti da host che operano come strutture alberghiere illegali. Proprietari immobiliari che hanno fatto dell’affitto a breve termine un’attività da 365 giorni l’anno senza alcuna forma di regolamentazione.

L’ascesa dei mega-operatori

La mission di Airbnb è da sempre quella di aiutare pensionati, studenti e famiglie in difficoltà a fare qualche soldo in più affittando seconde case o condividendo il proprio appartamento. Ovviamente questo tipo di sistema frutta solo qualche migliaio di dollari l’anno, come sostiene l’azienda:

“Un annuncio ordinario frutta 5.110 dollari all’anno, generati da una media di 4 notti al mese di affitto.”

Eppure l’immagine dipinta dall’analisi “From Air Mattresses to Unregulated Business: An Analysis of the Other Side of Airbnb” non è così rassicurante. E soprattutto è lontana mille miglia da quella della sharing economy di cui si fa portavoce Airbnb. È l’immagine di grandi città in mano ai nuovi affaristi delle case, che rubano possibilità ai piccoli affittuari e pompano i costi per chi cerca una abitazione a lungo termine, magari senza sottostare ad alcuna regolamentazione legale.

Per capire questi trend la Penn University ha analizzato per dodici mesi (da settembre 2014 a settembre 2015) la quasi totalità delle proprietà affittate in 12 delle maggiori aree metropolitane d’America: New York, Chicago, Los Angeles, Philadelphia, Miami, Houston, Dallas, Phoenix, San Antonio, San Diego, San Francisco, e Washington, D.C.

416.000 stringhe di dati e 9,5 milioni di variabili sono state valutate per raggiungere i numeri in questione:

  • Se escludiamo gli affitti di singole stanze, il 16,8% dei proprietari affitta 2 o più immobili, producendo però il 40% delle revenue totali per quelle destinazioni
  • Di questi, il 3,3% sono attività a tempo pieno non regolate per legge, e portano il 28,5% delle revenue totali
  • I mega-operatori (chi affitta 3 o più immobili) in un anno sono cresciuti dell’87,3%

Un trend che era già stato denunciato nel 2014 dal procuratore di Stato Eric Schneiderman, che condusse una vera e propria crociata per svelare le attività illecite presenti su Airbnb nella città di NY. Secondo quanto riportava Il Sole 24 Ore, oltre un terzo delle proprietà e delle entrate provenivano da società o operatori commerciali e alcuni grandi costruttori avevano creato veri e propri ostelli abusivi.

Il mercato degli affitti in pericolo

Che cosa significa questo per New York e per le altre grandi città statunitensi?

Oltre al fatto che tanta gente conduce attività milionarie 365 giorni all’anno senza sottostare agli obblighi a cui sono tenute le strutture alberghiere, quello che sta accadendo su Airbnb rischia di danneggiare il mercato degli affitti nelle città più grandi d’America.

L’avvocato specializzato Ellen Davidson, intervistata da Business Travel News, sostiene che:

“Airbnb ha creato un mercato sotterraneo pericoloso, comunicando ai proprietari che possono fare più soldi affittando le loro case su Airbnb piuttosto che ai tradizionali affittuari a lungo termine, cosa che porta queste abitazioni fuori dal mercato e fa salire alle stelle i prezzi di affitto.”

Airbnb dal canto suo assicura di lavorare con i proprietari e con le istituzioni per onorare le leggi locali e limitare l’impatto degli affitti a breve termine sulla disponibilità di quelli a lungo termine, ma di fatto per ora non è cambiato molto.

 

Un problema anche per l’Europa?

Dopo un’attenta lettura del documento condiviso dalla Penn University, è giusto dire che per adesso il fenomeno pare limitato.

È vero che i Multi-Unit Host di cui parla l’analisi costituiscono una enorme fetta dei guadagni di Airbnb, ma è anche vero che per adesso l’83% degli host mette in affitto solo un’abitazione, senza contare quelli che condividono il proprio appartamento e che sono stati esclusi dalla ricerca.

Il pericolo è che la crescita della fama di Airbnb possa spingere sempre più proprietari e gruppi di costruttori a fare di questa una attività a tempo pieno senza alcuna regolamentazione, sia in America che in Europa.

Non a caso poche settimane fa Barcellona ha multato per 30.000 € ciascuno i due colossi Airbnb e HomeAway, per aver commercializzato alloggi senza autorizzazione ad ospitare turisti. Chissà che non si tratti solo di un avvertimento prima che scattino controlli più serrati.

Per saperne di più, abbiamo invitato i portavoce di Airbnb a discutere con noi di questa e di altre questioni e presto speriamo di poter pubblicare una intervista di approfondimento. Continuate a seguirci!