Retargeting: come farlo senza diventare molestatori!
15 Marzo 2012Avete mai avuto l’impressione di essere spiati da qualcuno mentre navigate in Rete? Com’è che la pubblicità di quello smartphone che vi piace tanto vi si ripresenta in ogni pagina web? Le cose sono due: o è il destino che vi sta inviando un messaggio, o qualcuno sta cercando di convincervi ad acquistarlo.
Non è chiaramente il destino che vi parla, ma una nuova forma di marketing chiamata “behavioral retargeting”, che ultimamente sta riscuotendo parecchio successo tra i marketer a livello internazionale anche in ambito turistico. Personalmente lo trovo davvero uno strumento di promozione geniale, ma per l’utente finale potrebbe avere un rovescio della medaglia.
Il “Behavioral Retargeting”, consiste nell’intercettare gruppi targettizzati di clienti che hanno già visitato un sito per riproporre loro la stessa offerta sul web in modo specifico, incessante e più persuasivo possibile e infine indurli a concludere o a replicare un acquisto.
SEOmoz dichiara che gli utenti che visitano il sito e che convertono sono in media sempre meno del 5%. Degli altri 95% perdiamo traccia sapendo che potremmo non vederli mai più… almeno che non tentiamo con il Retargeting.
Remarketing: il retargeting di Google
Del Remarketing – ossia il behavioral retargeting su piattaforma Google Adwords – avevamo già parlato nel giugno 2010, quando fu lanciato senza suscitare commenti troppo entusiastici (vedi articolo Remarketing: come recuperare i clienti che hanno già visitato il vostro sito). Oggi invece chi lo ha provato ha ottenuto risultati davvero sorprendenti ed ecco che il Retargeting/Remarketing è stato improvvisamente elevato a status di nuova “gallina dalle uova d’oro” del web.
D’altronde bisogna dirlo, il retarketing sembra fatto apposta per il turismo: sappiamo quanto tempo impieghi in media un utente per decidere cosa e dove acquistare la propria vacanza, e avere la possibilità di rimostrargli più e più volte la nostra struttura rafforzando la Unique Selling Proposition o uno sconto speciale esclusivo, è un’occasione imperdibile.
Gli esperti di turismo promuovono il Retargeting
“Il retargeting di Google crea molte più revenue per l’industria alberghiera del Google Hotel Finder.” Ha dichiarato entusiasta Max Starkov di HeBS, unendosi al coro degli altri esperti di settore e direttori di hotel.
In una intervista incrociata di pochi giorni fa realizzata da HotelNewsNow, anche John Hach, vicepresidente di Travelclick, ha affermato che “Il retargeting è molto più efficace dell’advertising tradizionale. Gli hotel cercano le forme promozionali più efficienti a livello di ritorno di qualità. Quando sai con precisione che la persona a cui ti rivolgi è già interessata al tuo prodotto, questo è un grosso aiuto!”
Lo stesso Josiah Mackenzie, mette in evidenza che fare remarketing non comporta grandi spese rispetto a un semplice campagna di PPC, ma ha un enorme impatto di visibilità sugli utenti: “La grande opportunità consiste nel fatto che con informazioni molto specifiche e un budget relativamente contenuto, puoi dare l’impressione che tu faccia marketing dovunque su Internet.”
Anche Andy Kauffman, VP Marriott nell’ambito del marketing e dell’e-commerce a livello globale, asserisce che il remarketing “è un investimento estremamente efficiente. Il Retargeting è l’unica forma di marketing che permette di essere al posto giusto nel momento giusto per il cliente giusto.”
Attenzione: non diventate il peggior incubo dei vostri potenziali clienti
Non c’è dubbio che il retargeting per chi fa promozione online sia un affasciante ed efficace modo per ricreare un contatto con chi ha già visto e probabilmente apprezzato il vostro prodotto.
L’unico neo del retargeting a ben vedere, è che rischia di dare al vostro potenziale cliente l’impressione che lo stiate letteralmente perseguitando.
A me è successo… con Grouopon: è bastato visitare il sito per due o tre volte e acquistare un trattamento wellness, che ecco, per mesi Groupon mi ha perseguitato dovunque io navigassi, tanto che alla fine, stremata, non solo mi sono ripromessa di non rivisitare più il sito, ma l’ho persino bannato dagli Ads di Facebook.
Un caso simile è accaduto in America con Zappos, il più grande e-commerce di scarpe statunitense: una giovane mamma di nome Julie, infastidita dai banner sempre più ricorrenti di Zappos, li ha denunciati pubblicamente sul suo blog, dando vita a una valanga di polemiche sull’utilizzo più o meno appropriato che le aziende fanno del retargeting.
Questo utilizzo del retargeting non solo è inutile, ma è del tutto controproducente, perché invece che convincere i clienti a tornare da voi, potrebbe spingerli a evitarvi e optare alla fine per un vostro competitor.
Se, ad esempio, decidete di fare retargeting con Google, scegliete di “seguire” gli utenti solo per un lasso di tempo limitato, tanto se la prenotazione non si è conclusa dopo un mese dalla sua visita, evidentemente quell’utente aveva in mente qualcosa di diverso.
Noi lo stiamo sperimentando in diversi contesti, stando bene attenti a non diventare veri e propri stalker. Se lo avete già provato, aspettiamo le vostre considerazioni e i vostri risultati!
Commento da Alberto Narenti — 15 Aprile 2012, alle ore 16:32
Ciao, sicuramente il retargeting è uno strumento molto utile, ma se usato con cautela. Sicuramente deve essere uno strumento utile all’utente non un assillo continuo e molesto. Per questo io imposto sempre un limite di impression (in adwords) Oltre che utilizzare differenti creatività ed annunci.
Il processo di acquisto è composto da diverse fasi, quindi il retargeting in questo processo contribuisce ad accompagnare l’utente in ogni fase ma senza assillarlo inutilmente.
Se fatto nel modo giusto il tasso di conversione dovrebbe essere elevato, altrimenti, probabilmente, è stato fatto in maniera molesta 😉