Turismo Italia: di Disoccupati, di Ospitalità e di Marketing
26 Aprile 2013Siamo alle porte del Primo Maggio e il ponte del 25 aprile è appena passato, ma la flessione del turismo sembra continuare il suo percorso. E ora non sono più solo ADR e tasso d’occupazione a preoccupare, ma anche il calo dei dipendenti.
”La continua emorragia di lavoratori resa indispensabile per tenere i bilanci in un equilibrio peraltro precario è la nuova emergenza che il settore sta affrontando – dice Bernabò Bocca all’Assemblea Generale – e che rischia di depauperare la qualità del servizio turistico”.
E così anche in Italia il settore Turismo sta pagando il suo contributo a un tasso di disoccupazione mai così nero.
Proprio in questi giorni l’Istat ha diffuso le nuove stime relative a famiglie, povertà e disoccupazione e i numeri non sono certo confortanti. Nell’ultimo report 2012, rispetto al 2007 le famiglie senza reddito sono quasi raddoppiate e i giovani tra i 35 e i 39 anni che si sono ritrovati senza lavoro sono ormai a quota 1,4 milioni.
Lavoratori nel turismo in calo del 4,7% in soli tre mesi
Ma se già il problema disoccupazione è un peso per tutta la Nazione, per il settore del Turismo, dove l’Ospitalità è fatta dalle persone e non dai servizi, è una vera e propria condanna.
Il presidente di Federalberghi ci vede giusto quando dice che andando così le cose si rischia di “depauperare la qualità del servizio turistico”, una qualità che ha sempre reso l’Italia una destinazione turistica forte.
Dopo aver parlato di un calo importante dei turisti già sotto Pasqua, oggi Bocca dichiara che nel 2012 il dato sull’occupazione alberghiera è stato pari al -3%, e che oggi si registra una diminuzione del 4,7% tra i lavoratori del settore in soli tre mesi, una vera e propria “emorragia occupazionale”.
Se scendiamo nel dettaglio, i lavoratori a tempo indeterminato sono diminuiti nel primo trimestre 2013 del 3,8% mentre quelli a tempo determinato hanno toccato il -6,1%.
Ridurre i dipendenti rende l’Ospitalità più scadente
La difficile situazione ha spinto gran parte degli albergatori a ridurre i prezzi: come analizza Robi Veltroni in un recente articolo, le maggiori città italiane e altre capitali europee, hanno registrato in aprile ADR quasi sempre ai minimi storici rispetto al 2010.
Dopo le tariffe, sono le teste dei collaboratori a cadere, ma è chiaro che la riduzione di personale per salvare il bilancio può peggiorare la qualità dei servizi.
Pochi dipendenti costretti a turni sfiancanti, giovani assunti con contratti temporanei solo perché costano poco e che non hanno alcuna formazione in ambito turistico, una clientela che trova di fronte a sé un collaboratore frustrato e svogliato, sono tutti fattori che rischiano di minare ancora di più una già fragile situazione.
Inutile dire che per l’ennesima volta si è fatto appello a un Governo sempre più assenteista e sordo alle richieste del Turismo: “L’assenza di una politica turistica – dice Bocca – sta portando tutti i nodi al pettine, quindi con forza e testardaggine rilanciamo la nostra decennale richiesta della creazione, nel prossimo Esecutivo, di un ministero per il Turismo con portafoglio e la modifica dell’articolo 117 della Costituzione per ridare allo Stato la competenza in materia turistica, oltre alla facilitazione dei visti turistici dai Paesi Brics.”
Turismo, Marketing, Occupazione: l’Australia un modello e una meta per molti
Di fronte a questo fiume in piena di dati in negativo, il mio pensiero non può che volare alla “mitica” Australia. Dico “mitica” nel senso che l’Australia grazie a una fenomenale strategia di marketing, ha fatto del proprio paese il nuovo Eldorado nel mondo. Non solo una destinazione turistica da sognare, ma anche un modello di vita da agognare.
L’ultima trovata dell’Agenzia Turistica dell’Australia è stato proprio legare queste due sfere insieme (il piacere e il lavoro) e farne una portentosa promessa d’avventura e di vita aperta a tutti, che ha fatto il giro del mondo in pochi secondi di web e ha generato attenzione, visite e crescita del brand.
L’iniziativa, chiamata The Best Jobs in the World, ha aperto le candidature a 6 lavori fuori dell’ordinario legati al mondo del Turismo in Australia: Specialista del Divertimento, Esploratore dell’Outback, Guardiaparco, Custode della natura, Fotografo Trendy, Maestro del Gusto. Lavori a tempo determinato, per cui si è pagati e con cui si contribuisce alla promozione e alla conoscenza del brand Australia nel mondo.
La campagna ha generato più di 40.000 domande provenienti da tutto il mondo. Non posso fare a meno di chiedermi come avrebbe reagito il mondo se una cosa simile l’avessimo fatta in Italia. Perché pochi, ora come ora, vorrebbero venire a vivere a lavorare qui.
Il Fatto Quotidiano racconta la singolare storia di Aldo Mencaraglia, un 43enne che è scappato in Australia ed è diventato l’autore del blog “Italiansinfuga”, dedicato a tutti quelli che vogliono scappare e costruirsi un futuro all’estero, che registra 25.000 fan su Facebook e circa 10.000 visitatori al giorno. “Sono in molti a scrivermi chiedendo consigli – spiega Aldo – All’inizio mi scriveva chi migrava per ambizione, ora chi lo fa per necessità, da paio d’anni con disperazione, perché non si trova lavoro. Pazzesco l’incremento dopo le ultime elezioni. Immagino ci fosse una speranza di cambiamento, una luce in fondo al tunnel, invece sembra che ora le cose siano ancora meno governabili e sono tanti a dire basta, andiamo via”.
E mentre l’Australia diventa la nuova Terra Promessa, rischiamo che l’Italia perda – sommersa dal malgoverno, dalla crisi e da un Turismo più scadente e senza rotta – quell’allure e quel fascino che l’ha resa la meta turistica che per decenni (a torto) abbiamo sempre pensato indistruttibile.
Commento da giacomo bufalini — 26 Aprile 2013, alle ore 17:33
Ma scusate dopo 4 anni di manifesta crisi che si aspettava Bocca che nel settore del Turismo si tirasse avanti a Champagne ?? Suvvia !!! E poi i dati vanno sempre comparati perchè tante volte “si vince” anche se “si perde” meno degli altri.
In merito all’Australia posso condividere, ma se parliamo di TURISMO, mi tengo l’Italia, o no ????
Salut!
Giacomo
Commento da Antonio Greci — 29 Aprile 2013, alle ore 07:56
Altro articolo azzeccato. Mette sul “piatto” un tema a noi non nuovo. Già dalla seconda metà degli anni ’80, e ne sono testimone diretto, la nostra “cultura d’impresa” andava disperdendosi con una vera emorragia di managers competenti che lasciavano l’Italia. Oggi stiamo perdendo la parte migliore della nostra cultura dell’accoglienza. Vedo troppi albergatori improvvisati, managers “signorsì”, precari, stagisti, ed altri generici yesmen, sostituire personale qualificato con anni di esperienza che ovviamente, andrà ad arricchire di competenze i concorrenti esteri. Vi sottopongo come esempio, un mio giovane amico, ingegnere informatico italiano che ha sostituito la logica aristotelica con la logica sfumata nel calcolo del revenue. Naturalmente sostenuto da un “consistente” investimento di una catena alberghiera estera. Egli in precedenza era stato per 2 anni al back office di un albergo di Milano, ora lavora all’estero. I numeri non mentono. Possiamo interpretarli come desideriamo ma non mentono. Come allora, domandiamoci come fece l’Ing. Dante Giocosa (Si tenga presente la sua formazione classica anteriore a quella tecnica) nel creare la Fiat ‘500: se è più importante sapere “a cosa serve” o “cosa è”; se è più importante sapere “cosa faccio” o “ chi sono”. Provate ad associare queste domande ad un vostra idea e vedrete che avrete bisogno di collaboratori competenti su cui poter contare. La crisi si combatte investendo sulle idee. Sembra fisiologico che i più deboli debbano sparire da un mercato fortemente in crisi come il nostro ma non è sempre detto. 23 anni trascorsi nel mondo della vendita e della consulenza, mi hanno insegnato a non dare nulla per scontato. Se permettete, questo aiuta a sentirsi giovani e competitivi.
Commento da marghe — 29 Aprile 2013, alle ore 09:05
Ciao Antonio, purtroppo la realtà disillusa di cui parli è molto palpabile, credo in molti settori, non solo in quello dell’Ospitalità. Sarebbe bello che la crisi fosse combattuta con le idee, ma chissà perché mi sembra un’affermazione estremamente lontana dall’Italia, e il problema è che non sono solo i più deboli a sparire, ma anche i forti che sono stanchi e frustrati. Purtroppo tanti.
Commento da Antonio Greci — 30 Aprile 2013, alle ore 13:14
Ciao Marghe.
Anche se conveniamo tutti su tutto, non dobbiamo dimenticare due parole che possono aiutarci ad essere consapevoli e perciò più forti davanti alle avversità: ciclicità e riconversione. Mio nonno morì d’infarto al vedere cosa era rimasto della sua vita di lavoro, ristorante e albergo rasi al suolo dai bombardamenti degli alleati. Mio padre, cameriere zoppo, ricominciò tutto daccapo emigrando in un altra città. Io a 14 anni iniziai a “calcare la scena” sotto di lui come commis. Nel ’78 il ministro Andreatta, scandalizzando tutti, consigliava ai giovani di emigrare; io nel dicembre del ’79 ero già nel Quebec a lavorare, e per 10 anni non mi sono mai fermato. Abbiamo degli istituti alberghieri formidabili, delle vere eccellenze, eppure gli insegnanti non recepiscono le opportunità della globalità in cui siamo immersi. Molti di essi continuano a credere che non sia necessario uno stage all’estero. Al contrario a mio modesto avviso, un maitre di sala o d’hotel, oppure uno chef, un receptionist, o un futuro direttore, se si saranno confrontati con l’estero produrranno un 50% in più di opportunità. Chiedetelo a chi, laureato, è obbligato a fare il cameriere a Londra e contemporaneamente fa il tour operator per l’Italia. Finché si rimarrà nel proprio orticello (vedasi Candido di Voltaire: il migliore dei mondi possibili… ), non si potrà valutare appieno le nostre potenzialità, per esempio del nostro meridione e l’urgenza di “bonificarlo”. Dalla fine della guerra ad oggi, abbiamo dimenticato che: non è sempre domenica. Tanto vale per la costa romagnola che ha una vitalità che fa scuola in tutto il mondo, dato che accompagno imprenditori sud americani a studiare il “caso Rimini” per capire come investire in turismo nei loro paesi. In breve, c’è tanto da fare ma se non cambiamo, se non ci riconvertiamo, verremo sostituiti da chi ha avuto il coraggio di rischiare investendo. Non è svendendo le camere e sfiancando il personale, o peggio licenziandolo che si supera la crisi. Credetemi, il solo abbattere i costi serve solo a prolungare l’agonia di chi non è capace di vendere al cliente giusto, includo le catene alberghiere. Ma dove sono finiti i tedeschi? Mi fermo qui per non sollevare un ulteriore inutile “polverone”.
Commento da Pedrito — 9 Maggio 2013, alle ore 21:25
Da una parte dipendenti assunti a tempo indeterminato a cui basta con fare il solito lavoro d’ogni giorno bene senza il volere superarsi e parlare quello che basta di una lingua straniera per gestire una mansione di receptionist o qualche altra in albergo,dall’altro lato abbiamo albergatori a cui basta tenere e mantenere le tariffe ed i dipendenti purché l`albergo continui con i ricavi e ritmi “normali” … senza investire nel personale e restare ad occhi chiusi con qualcuno che essendo stagista forse gli potrebbe migliorare notevolmente la qualità dei servizi nella struttura ,(a questi preferiscono averli (se capita per qualche strana casualità )temporaneamente già che costano meno)…dall’altra chi preferisce lavorare solo con stagisti di corsi di formazione professionale ed ha un paio di assunzioni in hotel(anche se rischiano basta che si tengono i soldi in tasca)…..Australia:una delle tante destinazioni per quelli che amano il lavoro,che sono frustrati,che amano sentirsi utili,che sono fusi,stanchi e hanno perso la fede ma non la speranza!….appena qualcuno si decida a cambiare le cose mettendo cuore,inventiva,creatività ed anima ….si vedranno i risultati e saranno in tanti a seguirle… .
Aumentano i disoccupati,vanno in bancarotta gli alberghi,e
La Italia que un dia fue ya no sera…y..la vida sigue igual
Commento da Pedrito — 10 Maggio 2013, alle ore 16:26
Salve sgr innocenti,questo articolo é gia presente sul sito..