Rate Parity: l’Austria e la Nuova Zelanda si pronunciano – l’Italia resta in forse
17 Novembre 2016A pochi giorni di distanza arrivano due verdetti contrastanti sulla rate parity nel settore alberghiero.
Da un lato l’Austria accoglie la richiesta di eliminare l’obbligo della parità tariffaria nei contratti con i portali. Dall’altro la Nuova Zelanda dichiara che non c’è bisogno di arrivare a tanto e accetta le condizioni più blande che le OTA avevano concesso anche all’Europa.
Alla fine di luglio l’Austria aveva avviato la richiesta di eliminare la clausola di rate parity dai contratti tra hotel e i portali e a quanto pare le decisioni prese in Germania e in Francia hanno fatto scuola, perché in meno di cinque mesi il Parlamento si è pronunciato a favore degli hotel.
Stessa cosa non è accaduta in Nuova Zelanda, dove era stato avviato un simile controllo da parte della Commerce Commission. A settembre 2015 infatti molti albergatori avevano lamentato l’impossibilità di negoziare tariffe e condizioni di vendita con gli intermediari, in special modo Expedia, Booking.com, Wotif.com e Hotels.com.
Una volta aperto il caso, le OTA hanno avanzato la stessa proposta fatta in Europa lo scorso anno e questa volta è stata accettata dalle autorità, che si sono dette disinteressate a proseguire con altre verifiche. Da ora in avanti gli hotel neozelandesi potranno proporre prezzi inferiori ai walk-in, a chi prenota per telefono e agli iscritti ai programmi fedeltà, su altre OTA, ma non pubblicarle sul sito ufficiale dell’hotel.
Circa 30 strutture di Queenstown hanno dimostrato “preoccupazione”, perché di fatto gli utenti che prenotano di persona e per telefono sono solo il 2% del totale, cosa che non offre molti margini di disintermediazione. Altri denunciano il fatto che Expedia e Booking abbiano creato un vero e proprio “duopolio” che a detta di alcuni, si comporta come un cartello, imponendo le proprie soluzioni incurante delle ricadute sul comparto alberghiero.
Dall’altra parte però sono ancora tanti gli albergatori che riconoscono la fondamentale importanza di distribuire tramite le OTA. Anche perché a quanto pare le commissioni in Nuova Zelanda non superano mai il 15% dei costi, una percentuale decisamente inferiore rispetto a quanto richiesto in Europa e USA, dove le commissioni possono arrivare a toccare il 35%.
Ma la decisione non riguarda solo la Nuova Zelanda. Come riporta l’Herald Sun, l’Associazione degli Albergatori Australiani (AAA) è pronta a fare la guerra all’antitrust (ACCC), perché reputa ingiusta la sentenza. In Australia le commissioni sono decisamente più alte a quanto dice l’associazione.
Italia: Federalberghi denuncia scorrettezze di Expedia
Intanto in Italia siamo ancora in attesa di un verdetto definitivo riguardo al Ddl Concorrenza. Ma la situazione sta diventando insostenibile per Federalberghi e per tutte le strutture che hanno sostenuto la causa.
L’associazione degli albergatori ha diffuso infatti una nota in cui dichiara che ci sarebbero delle irregolarità di condotta da parte di Expedia in merito alle nuove leggi imposte dall’Antitrust:
L’accusa è seria e cade proprio in un momento delicato: secondo quanto riporta TTG Italia infatti, Expedia Media Solutions, ossia la divisione marketing per i partner di Expedia, al WTM di Londra avrebbe invitato l’Enit a collaborare insieme per promuovere l’Italia all’estero.
Non è escluso che la partnership venga presto avviata, proprio come è accaduto di recente in Inghilterra con la campagna #OMGB: il tavolo di lavoro è già stato aperto ed Expedia promette all’Italia investimenti targettizzati e remunerativi.
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