Come proteggere il brand del vostro hotel da Competitor e OTA sui motori di ricerca
2 Giugno 2011Non c’è niente che faccia più rabbia e danno economico agli albergatori che digitare il proprio brand name su Google e veder comparire in testa ai risultati di ricerca i link a pagamento di OTA e portali, che per tutto l’anno guadagnano sfruttando il nome del loro hotel e quello di molti altri (brand bidding).
Sebbene la maggior parte delle strutture condannino questa attività come illecita e scorretta nei confronti degli hotel, il “brandjacking” (o SEM hijacking, detto anche brand bidding) è accettato e tollerato da Google, che ne trae enormi benefici economici: gli investimenti PPC da parte dei portali sui brand name degli hotel affiliati ammonterebbero infatti a un 20% del totale delle loro campagne Adwords.
Si tratta di fatto di una pratica fortemente anti-disintermediazione molto diffusa tra i portali turistici, che causa un doppio danno all’hotel: una lievitazione dei costi Adwords legati al proprio brand-name, per il quale si viene a creare una competizione che a ragion di logica non dovrebbe neppure esistere, e soprattutto la perdita di traffico qualificato destinato al sito ufficiale.
È chiaro infatti che se un utente sta cercando sui motori di ricerca “Hotel Excelsior Pavia”, è probabilmente vicino alla conclusione del proprio processo di acquisto, ma se in testa alle proprie ricerche troverà i risultati sponsorizzati di Expedia o Booking.com, sarà immancabilmente spinto a cliccare su quei risultati e a prenotare sull’intermediario, ignaro dei vantaggi che potrebbe avere prenotando sul sito ufficiale.
Gli hotel perdono più di 2 miliardi di dollari l’anno per questa pratica
A quantificare i danni e le perdite causate dal “brandjacking” è stato MarkMonitor, azienda statunitense specializzata nella protezione della brand identity on-line.
Grazie a un approfondito studio dedicato a queste tematiche, è stato rilevato che “Il pagamento di commissioni non necessarie e il traffico online perso a causa dei competitor, stanno costando ai grandi brand alberghieri oltre due miliardi di dollari all’anno. Più di 580 milioni di visite da parte di viaggiatori altamente qualificati sono deviate dai siti ufficiali degli hotel verso quelli di partner o competitor, che raggiungono per primi i clienti grazie alle ricerche a pagamento e altre tattiche on-line.”
Presi in esame 5 dei maggiori brand del settore alberghiero nei primi mesi della primavera 2011, assieme a siti e-commerce e campagne di e-mail marketing, sono stati analizzati oltre 1,3 milioni di annunci legati a circa 4 mila combinazioni di parole chiave contenenti i brand, al fine di stimare il traffico generato sia nel periodo analizzato che nel corso di un intero anno.
Come potete vedere dai grafici di seguito, le OTA rappresentano quasi la metà degli Advertiser che acquistano pubblicità a pagamento sui motori di ricerca e appartiene a loro il 77% degli annunci a pagamento. Sono molti anche gli hotel che sfruttano il marchio di altre strutture per farsi pubblicità, ma rispetto alle OTA, i loro annunci sono una parte infinitesimale del totale.
Lo studio ha identificato più di 1.750 portali online che hanno acquistato parole chiave legate al brand di uno o più hotel di quelli monitorati.
Come tutelarsi dal brandjacking?
In passato già Marriott e Hilton si sono battuti contro i portali perché ripulissero le proprie campagne marketing del loro brand: di fatto solo grandi catene alberghiere a livello internazionale possono permettersi di opporsi alle logiche di mercato dominate da Google e dai portali.
Le strutture medio-piccole e indipendenti invece non possono fare molto per tutelarsi. Alcuni sono convinti che sia importante trattare con i portali perché nei contratti siano inserite clausole che limitino l’abuso del brandjacking.
D’altra parte, poche strutture hanno un tale peso da avere voce in capitolo sul singolo contratto, dunque di fronte all’attuale situazione, pur di non rimanere con le mani in mano, c’è un’unica cosa da fare: investire un piccolo budget per fare PPC sul proprio brand name e veicolare traffico qualificato direttamente al sito ufficiale.
Da quando facciamo campagne pay-per-click su Google Adwords per i nostri clienti, anche noi dedichiamo sempre un certo budget a parole chiave legate al brand name. Sì, può sembrare un’assurdità: molti hotel ci chiedono come mai devono spendere denaro su parole chiave che comunque produrrebbero come primo risultato organico dei motori di ricerca il sito ufficiale del loro hotel.
Non pensate che si tratti di un investimento inutile: i dati da Adwords e Google Analytics rivelano che le sole prenotazioni effettuate tramite questi annunci a pagamento ripagano di gran lunga la spesa sostenuta per mantenere la campagna.
Per proteggere il proprio brand on-line è importante fare in modo che la sua presenza sia diffusa su tutta la Rete e che su ogni canale il cliente possa trovare un profilo tramite il quale poter raggiungere facilmente il sito ufficiale senza imbattersi nei competitor.
Avete già una strategia per combattere il “brandjacking” e favorire la disintermediazione della vostra struttura? Quali tecniche sfruttate perché le OTA non riescano a strappare il vostro prezioso traffico?
Se vuoi conoscere altre strategie di Disintermediazione, leggi anche gli articoli:
Commento da Alberto — 2 Giugno 2011, alle ore 09:37
sicuramente booking.com è l’ OTA che investe + di tutti. Noi da gennaio abbiamo avviato una campagna PPC sui principali motori di ricerca per proteggere il nostro brand dopo che abbiamo trovato un ads in cui c’era scritto:
“Book our Hotel: ……, free wifi” . booking.com
Commento da Sergio Farinelli — 3 Giugno 2011, alle ore 07:22
Ciao Alberto,
hai rilevato cambiamenti su traffico e prenotazioni da brand name dopo l’avvio della campagna ppc di brand protection?
Commento da Alberto — 6 Giugno 2011, alle ore 10:56
ciao sergio,
noi investiamo solo nel brand name ed i risultati si vedono con un ROI del 4-500%, ovviamente sono anche aumentate le visite da motore di ricerca….ed anche le prenotazioni dirette, questo però potrebbe dipendere anche da altri fattori…
Commento da Piccologabri — 2 Giugno 2011, alle ore 15:26
1) 3-4 click al giorno da 3-4 indirizzzi ip, ovviamente diversi li ha un tantino scoraggiati, calando il roi…., unito al fatto che l’unico portale che x ora si comporta così con noi è quello a cui tolgo le camere x primo.
2) non lavoro con booking.com. E’ vero che ho solo 10 camere, ma è anche vero che a Siena di tutte le strutture turistiche con almeno 5 camere siamo rimasti in 3 a non lavorarci.
Gabriele Fontani
Villa Fiorita
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Commento da Fabio Sutto — 2 Giugno 2011, alle ore 21:04
A meno che il proprio brand non sia un marchio registrato (nel qual caso si può tentare il tribunale) non ci sono soluzioni.
In un settore un po’ diverso da quello del classico hotel di città, quello dei villaggi vacanza, il fatto che altri “biddino” le keyword che contengono il mio brand porta una pubblicità indiretta…e richieste che non sono costare una lira alla struttura. Infatti molti navigatori vengono a sapere dell’esistenza della struttura grazie al portale e poi tentano il contatto diretto con essa.
Commento da Athos — 3 Giugno 2011, alle ore 16:34
Non capisco perche ancora ci si ostina a non vedere come un’opportunita le ota e i portali. Basterebbe un po di applicazione nel nostro lavoro e cominciare ad usare appieno i “nuovi” strumenti che abbiamo a disposizione per trarre profitto dalla grande visibilita che hanno i vari expedia e booking del caso.
Commento da tebaide — 3 Giugno 2011, alle ore 15:16
Salve a tutti,
Ci sono due strategie che possono limitare il danno che viene spiegato nell’articolo. Faccio riferimento a Google.
1) Far apparire la google maps dell’hotel
2) Far apparire i sitelink Sotto la descrizione nei risultati di ricerca
Queste strategie catturano l’attenzione dell’utente.
Massimiliano – Tebaide web agency
Commento da M Casarola — 4 Giugno 2011, alle ore 08:04
E’ proprio così, ed il consiglio è quello giusto: investire il 50% di quanto si spende su PPC sul proprio brand name. Da quando l’ho fatto sui ns hotels, il risultato è stato di una crescita del 200% delle prenotazioni da PPC. Purtroppo, dovrei dire, però se calcoliamo quanto le OTA ci guadagnano di commissioni capiamo che è un’operazione che va fatta. Nei primi due mesi di campagna PPC, senza brand protection il parametro di € investivi vs. € di prenotazioni era di 10 a 50 (basso quindi), da quando ho il brand protection è di 10 a 100, un parametro che dovrebbe ora salire a 7-8 a 100 con i prezzi della stagione estiva.
In sintesi, è bene promuoversi con campagne PPC, ma ancor di più investire e proteggere il proprio brand name.
Commento da Franco Dallera — 20 Giugno 2011, alle ore 13:52
Attenzione alle statistiche…
Commento da Luca Meneghini — 4 Giugno 2011, alle ore 12:10
in 9 mesi di lavoro con google map, recensioni e altri canali sono riuscito a portare l’hotel di un piccolo paese come primo risultato per chi cerca un hotel benessere nella regione. Certo che le ota sono negli spazi pubblicizzati ma non mi spaventano. Sono pubblicità e alla fine i prezzi seguono una curva quasi paritaria. Vedo che il cliente tende a ricercare un qualche benefit direttamente tramite il sito. Quindi non impazzirei molto per contrastare i capitali senza fine delle OTA ma cercherei sempre di migliorare il nostro rank privato!
Buona Domenica a tutti!
LM
Commento da Anonimo — 6 Giugno 2011, alle ore 19:39
nei contratti redatti con le OTA una delle ultime clausole è proprio l’autorizzazione a utilizzare il nome hotel per campagne pubblicitari e pay per click, calcolando che la parola chiave che converte è “nome hotel o nome hotel +città” sembra logico investire direttamente per prendersi le prime posizioni. E’ anche vero che un utente skillato che cerca il SITO UFFICIALE lo trova scavalcando i risultati PPC.
S.
Commento da Alberto — 7 Giugno 2011, alle ore 10:35
ciao stefano,sicuramente sono autorizzati a utilizzare il nome del nostro hotel ma voler apparire come se fossimo noi a vendere, scrivere infatti:
Hotel ….Book our hotel online: 28 rooms, 3 stars, bar, 24 hours reception” www.booking.comnon mi sembra una pubblicità chiara e corretta. Secondo te?A.
Commento da Alberto — 7 Giugno 2011, alle ore 10:35
ciao stefano,sicuramente sono autorizzati a utilizzare il nome del nostro hotel ma voler apparire come se fossimo noi a vendere, scrivere infatti:
Hotel ….Book our hotel online: 28 rooms, 3 stars, bar, 24 hours reception” www.booking.comnon mi sembra una pubblicità chiara e corretta. Secondo te?A.
Commento da Anonimo — 7 Giugno 2011, alle ore 11:06
il problema è proprio nel contenuto, autorizzarli non vuol dire che possono scrivere qualsiasi cosa, uno degli annunci tipici è “Confrontate il prezzo per questo
albergo e prenotate fino a -40%!” e similari promesse di scontistiche esasperate, fa male all’immagine dell’hotel e al fatturato dello stesso,
1) non è vero che ci sono sconti di quel tipo, quindi danno di immagine
2) l’untente allocco ci casca convinto che prenotando li risparmia, solo per il fatto che glielo stanno promettendo!
e se poi ti lamenti di queste scorrettezze:
a) ci scusi lo leviamo subito, poi lo rimettiamo dopo una settimana, è la tecnica del cetriolo fantasma appare e riappare
b) ci scusi ma non dipende da noi è un sito terzo, la pubblicità di adwords non la gestiamo noi, comunque ha ragione sollecitiamo la rimozione. che poi ritorna sempre il cetriolo fantasma.
S.