Libertà è partecipazione. Libertà è disintermediazione!
14 Febbraio 2014“La libertà non è star sopra un albero,
non è neanche il volo di un moscone,
la libertà non è uno spazio libero,
libertà è partecipazione.”
Su queste parole di un grande uomo di cultura si posano le basi del web di oggi e di domani. Tutto tende a dare voce agli utenti più o meno anonimi, diventati giudici incorruttibili (o quasi) della qualità dei nostri contenuti, della qualità vera e non presunta di un hotel, dello spessore dell’esperienza che vivono durante il loro soggiorno. Per l’utente la libertà di comunicare e partecipare è diventato il bene più prezioso online.
E ormai qualsiasi tentativo di combattere questa libertà è definitivamente fallito, come è giusto che sia. Questo è il momento – anche per l’hotel – di concentrarsi sui “veri” valori della Rete, di lasciar andare i preconcetti e imparare a “partecipare”.
Sto parlando della qualità e quantità dei contenuti che siamo capaci di diffondere, della capacità di entrare in contatto con i nostri clienti, di coinvolgerli e di sorprenderli, anche online.
Partecipare per disintermediare
Quanti più utenti parleranno di noi quanto più saremo liberi. La libertà di partecipazione delle persone si tradurrà per l’hotel nella libertà dall’intermediazione.
È proprio sulla partecipazione che dobbiamo concentrarci per scrollarci di dosso quanto più possibile le dinamiche costose che ben conosciamo e che ci legano indissolubilmente agli intermediari: le alte commissioni e i forti investimenti per riconquistare la nostra visibilità sui motori di ricerca. Tutte cose importanti sì, ma che comunque non potranno mai competere con la potenza della libertà.
Come si conquista questa libertà?! Lo abbiamo già detto: partecipando al dialogo e alla conversazione online con contenuti di qualità, cose di vero valore che valga la pena ricondividere.
Libertà è riuscire a dare un buon motivo ad ogni utente per regalarci qualche secondo del suo prezioso tempo e metterlo nella condizione di condividere il nostro contenuto.
Quando riusciamo in questo, diventiamo virali e il nostro messaggio acquisisce un valore esponenziale raggiungendo centinaia di altri utenti e altri migliaia ancora.
E così facendo rafforziamo automaticamente il nostro brand, conquistiamo il cuore di nuovi ospiti e favoriamo le conversioni dirette a costi decisamente più contenuti di quello che ormai è l’ordinario.
Non è un caso che siano nati molti tool gratuiti e a pagamento che misurano proprio il grado di influenza reale che abbiamo nel social network con i nostri contenuti. A ben guardare vi accorgerete che spesso questo parametro è direttamente proporzionale al grado di disintermediazione.
Qui già da tempo lavoriamo cercando di incrociare il grado di influenza sul web con il livello di autonomia dai canali a pagamento.
È percepibile, se non direttamente misurabile, come certi hotel che hanno investito con intelligenza sul dialogo online, sui social network e sull’ascolto attento dei feedback siano riusciti a raggiungere un grado di disintermediazione di molto sopra alla media. Se hanno raggiunto questo risultato è perché hanno creduto nel principio della partecipazione, che paga sempre.
Una cosa è certa, ci vogliono idee e iniziative di qualità per farsi notare e premiare dai social network, ghiotti di contenuti di valore.
Lo sappiamo (ne abbiamo parlato nell’articolo Facebook marketing: è finita l’era della pubblicità gratis), il gratis è finito e i nostri post appariranno più difficilmente di prima sulle bacheche altrui se non saremo disposti a sponsorizzarli. Almeno che non siamo in grado di creare contenuti che “prendano fuoco” in totale autonomia e in maniera naturale, senza che dobbiamo sborsare un centesimo.
Libertà è partecipazione.
Duccio Innocenti
Commento da Antonio Greci — 17 Febbraio 2014, alle ore 11:19
“Se mi si permette dissentire …. .”… leggevo tempo addietro su un post. La comunicazione virtuale soffre di tutte le distorsioni immaginabili e non. Chi “dissente” dal “volume delle voci” pro o contro l’ipotetica “x” è tacciato di “eretismo” dalla parte avversa, senza che vi si possa essere un confronto su argomenti riscontrabili. Esporre le prove, per l’appunto i riscontri, sul web è pericoloso. I rifugiati, dei casi in questione, nelle ambasciate sono esempi eclatanti I giudizi, nel bene e nel male, del cliente di un hotel, soffrono delle medesime distorsioni. E’ stato ampliamente argomentato su questo interessante ed aggiornato blog. E’ il male del web: l’approssimazione, la superficialità, gli spazi ed i tempi ristretti, la velocità dei messaggi, ecc. La “partecipazione”, di cui il Sig. Gaber, è anche il diritto/dovere di poter obbiettare, senza sentirsi un personaggio “bulgakoviano”. Articolo indovinato sia per la Vs. scelta di pubblicarlo che per le problematiche “della” comunicazione in rete e sue conseguenze, che propone. Disintermediare con la contrazione dei mercati che subiamo, è “aleatorio”, come un contratto assicurativo. A buon intenditor …. .
Commento da dott_stefano_tiribocchi — 18 Febbraio 2014, alle ore 13:03
Bgiorno antonio il problema grosso del web è l attendibilità della fonte. Spesso si parla di verbo perke trovato su google, su questo ce da imparare molto, cioè ricordare sempre di verificare l attendibilità e qualità del mittente. Dall’altro lato è anche vero che la somma di osservazioni fatte da individui meno attendibili, diciamo anche solamente viaggiatori occasionali, può nella legge dei grandi numeri avvicinarsi alla realtà delle cose descritte.
Commento da Duccio Innocenti — 19 Febbraio 2014, alle ore 11:35
@Antonio, posso condividere quello che dici ma in linea generale dissento perchè la partecipazione nel web non è più una scelta. Chi tace, sta zitto… e non sceglie niente, anzi rinuncia al futuro prossimo. Ormai tutti ci documentiamo online prima di ogni acquisto per qualsiasi cosa e quando non troviamo nessuno che ne parli, quantomeno rimandiamo la decisione.
@Stefano, ottima osservazione! è la somma che fa il totale (diceva Totò); nel web è la somma che fa la verità o comunque qualcosa che ci si avvicina di molto
Commento da Antonio Greci — 20 Febbraio 2014, alle ore 09:51
Buon giorno Stefano e Duccio. Riprendendo Totò: “a prescindere” che sia la somma delle “verità” a “fare la verità”, vi espongo queste riflessioni. Mia moglie prenota i nostri voli intercontinentali sul web. Ha carte cliente di tutti i generi, dagli alimentari al treno. Di conseguenza vivo, anche in famiglia, quotidianamente, l’esperienza di consumatore web. Vi è una sostanziale differenza tra me e mia moglie: lei valuta prima il prezzo poi il giudizio, io al contrario prima la dissonanza tra il giudizio ed il relativo voto, (altro argomento interessante sarebbe dibattere su quanto il cliente sappia dare un voto congruente rispetto al proprio giudizio) per ultimo il prezzo. Mi secca volare in Italia, sapendo che vi è carburante appena sufficiente per il volo, per cui il pilota tende a “planare” più spesso, atteggiamento che mia moglie taccia catastrofista. Da questi esempi, in famiglia, la “vox populi” viene così percepita, differentemente. Lei (mia moglie) appartiene al popolo del crollo dei consumi interni, al 27% della disoccupazione giovanile, ai trecentoquarantamila esercizi commerciali chiusi, io appartengo a “quelli del calcolo delle probabilità”. Dovrei ipotizzare che l’attendibilità di un giudizio si basa non sulla qualità ma sulla quantità? Se vendo camere d’albergo certamente sì, se vendo un brand, credo proprio di no. E’ un bel quesito di psicologia di marketing, o no?. Un problema basilare, a me sembra, sia la comunicazione commerciale. Sul web si ripetono gli stessi errori che altrove: la “pubblicità” è fine a se stessa, in sostanza “parla da sola” (in soldoni: l’albergo parla di sé, a se stesso) e non al consumatore. Per le aspettative del consumatore, di conseguenza, si generano considerevoli divari rispetto alla realtà, gap che dovranno essere colmati in loco, sempre che si abbia il personale che sappia dialogare empaticamente. Il prosciutto buono costa, non si può fare marketing senza prima preventivare sia i disavanzi, che i costi, che i mancati profitti. Vendere le camere sulla base di una “distribuzione normale” al costo del punto di pareggio, è molto rischioso per il cliente e per l’albergatore tanto quanto far si che si collochino i giudizi dei clienti in una determinata “ogiva” favorevole. Purtroppo, alla mia età, dopo aver sentito per anni gli stessi contenuti espressi con linguaggi diversi, si preferiscono le metafore. Sindrome senile? Vi ringrazio per l’attenzione.