AAA cercasi esperto in Social Media… Nothing
13 Dicembre 2013Sempre più spesso riceviamo richieste di albergatori da ogni parte d’Italia per gestire la presenza sui Social Network per il loro Hotel. Ovviamente dopo aver già valutato i vari “esperti” che via via si propongono spacciando competenze, servizi e risultati alquanto discutibili.
Nella maggior parte dei casi però si tratta di figure molto giovani e piene di entusiasmo, oppure addirittura di aziende strutturate. Le stesse aziende – poche ormai – che una volta vendevano keyword e posizionamenti “un tanto al chilo” e che oggi vendono fan e follower nella stessa identica maniera.
Questa nuova figura professionale che noi chiamiamo il “Social Media Nothing”: cioè colui che approfittandosi della ancora poca cultura e consapevolezza di certe realtà, si diletta in “supercazzole 2.0” che farebbero arrossire anche il Conte Mascetti in Amici Miei:
“Garantiamo 10.000 fan in soli tre mesi per soli 1.000,00 euro”… che affarone!
Se non lo sapeste, ci sono aziende che vendono fan di Facebook a “pacchetti”:
- Pacchetto Fan internazionali: 5.000 fan a soli 109,00 €
- Pacchetto Fan Italiani: 5.000 fan a soli 189,00 €
- Pacchetto Fan Italiani over 18: 5.000 fan a soli 389,00 €
Provate voi stessi a cercare su Google “Compra Fan su Facebook” e vedrete comparirvi questo annuncio:
Wow…. Posso acquisire fan così facilmente?! – vi starete chiedendo.
In realtà, non c’è niente di più inutile e inefficace per due motivi:
- Quantità non vuol dire qualità: se una volta pagato il servizio vi ritroverete con 5000 fan tra indiani e vietnamiti, non vi lamentate
- Quantità non fa rima con engagement: una volta acquisiti questi fan siete certi di avere tutti gli strumenti per coinvolgerli e magari farli diventare vostri clienti?
Riuscire a parlare la lingua web 2.0 può essere semplice se ci si mette nell’ottica giusta, ma va parlata tutti i giorni e misurata in termini di efficacia. Come? Non certo contando il numero dei fan!
L’efficacia del dialogo si misura con le interazioni dei follower, le condivisioni, gli share, i like, i tweet e i retweet, i pin e i repin, i check-in, ecc.
La verità è che non ci sono scuse: la presenza sui Social Media non è delegabile a terzi o quantomeno non è interamente gestibile da figure esterne alla vita quotidiana dell’hotel.
L’importanza di metterci la faccia
Di certo, come dice qualcuno, “La Rete parla di voi, con o senza di voi”: alla luce di questo presupposto voi affidereste la vostra faccia a qualcun altro?
Non credo proprio… ecco perché noi non accettiamo mai di gestire “in toto” un canale social per un cliente. Possiamo occuparci della creazione della pagina, di renderla accattivante agli occhi. Possiamo insegnare strategie, trucchi e tecniche per essere virali ingaggiando i follower perché diventino degli “starnutitori”, come diceva Seth Godin nel lontano 2004. Ma non possiamo sostituirci all’hotel.
L’engagement – che poi è il metro con cui si misura il successo del social media marketing – è un’attività che può partire solo da dentro l’hotel: solo voi potete conoscere cosa amano i vostri ospiti, quali sono i pregi, le criticità, le esperienze, le emozioni che comunicano la struttura, lo staff e la location.
Cose che un esterno non può sapere e non può mai capire fino in fondo, come non può farlo lo stagista di turno.
Volete un esempio? L’Hotel Artemide di Roma non ha un numero stratosferico di fan (si aggira intorno ai 1250) ma ogni giorno posta sulla sua pagina Facebook foto dello staff insieme agli ospiti. Momenti da ricordare, come una festa di compleanno a sorpresa o una proposta di matrimonio inaspettata. Perché il pezzo forte dell’Artemide sono le persone che ci lavorano e il servizio speciale che riservano a ogni ospite.
E per comunicare come si deve questi avvenimenti, vanno immortalati lì, sul momento! E l’engagement è sempre altissimo, per ogni singolo post.
Il nostro consiglio? Meglio un consulente onesto e realista, che vi ponga di fronte al fatto che la faccia dovete metterla voi, che vi spieghi e trasferisca le sue competenze delegando nel tempo le attività, piuttosto che un “tuttologo” che si limita a postare contenuti a basso effetto virale garantendo solo l’aumento dei fan a pagamento che mai e poi mai saranno interessati proprio al vostro hotel.
Duccio Innocenti
Pingback da AAA cercasi esperto in Social Media… Nothing | Giuseppe Melillo — 13 Dicembre 2013, alle ore 18:03
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Commento da Fernando Bellizzi — 16 Dicembre 2013, alle ore 07:30
Infatti l’investimento migliore è insegnare all’albergatore ad usare gli strumenti social ed individuare tra i collaboratori quello più social ed usare la sua abilità al servizio della struttura per cui lavora. Si tratta di riconoscergli quell’abilità che già ha, dandogli quelle informazioni tecniche necessarie per ottimizzare il suo talento naturale.
Commento da marghe — 16 Dicembre 2013, alle ore 09:14
Sì Fernando, sicuramente investire in una risorsa interna può essere la strategia migliore. Niente è paragonabile ad avere un punto di vista da “dietro le quinte”!
Commento da Fernando Bellizzi — 16 Dicembre 2013, alle ore 09:40
…anche perchè diaciamocelo, o sei un genio iperdotato cerebralmente che riesce ad inventarsi 20 campagne diverse per 20 clienti, o altrimenti rischi di clonare le campagne tra le strutture, promuovendo il tuo punto di vista e non quello della struttura, questo per quanto riguarda i freelance… 🙂
Commento da simona.ciccale — 16 Dicembre 2013, alle ore 12:48
Ho gestito i profili social di una struttura per circa 2 anni, non avevamo tanti fan, ma tutti naturali, senza dubbio che qualitativamente sono migliori, e danno migliori risultati. Senza dubbio la spontaneità e il mood della struttura devo essere tangibili attraverso i post. Noi ci abbiamo messo la “faccia” molto spesso, e anche in termini di Roi, abbiamo ottenuto i nostri piccoli successi. Questa è la fan page, pochi fan ma buoni e reali!
https://www.facebook.com/pages/Eurotel-Grottammare/245694685496104
Commento da marghe — 16 Dicembre 2013, alle ore 15:43
Ciao Simona, complimenti! Mi pare proprio che il vostro sia un bell’esempio di qualità vs. quantità!
Commento da simona.ciccale — 16 Dicembre 2013, alle ore 12:50
Scusate per le ripetizioni nel testo precedente! Telefonata nel mezzo…
Commento da Andrea Corda — 17 Dicembre 2013, alle ore 16:34
Ciao! Io sto dall’altra parte ragazzi… Credo che investire in una risorsa interna sia produttivo, forse la soluzione ottimale..a patto che questa risorsa sia veramente formata per poter fare il SOCIAL MEDIA MANAGER! Io seguo diverse fan page dall’esterno e lo faccio lavorando a stretto contatto con manager e proprietari! I risultati sono stratosferici e tangibili in termini di ROI..sapete qual’è il grande vantaggio? Che io costo il 10% di quanto costerebbe un dipendente che deve essere continuamente spronato ad aggiornarsi e imparare l’utilizzo degli strumenti. Ma io non dico mai all’imprenditore che ho la bacchetta magica, e se non raggiungo migliaia di fan gli spiego il perchè…lavoro con lui sfruttando gli strumenti!
Commento da marghe — 18 Dicembre 2013, alle ore 10:31
Ciao Andrea, è davvero interessante leggere l’opinione di un esterno.
Io sono molto scettica sul discorso costi: è sempre più economico investire e valorizzare una risorsa interna predisposta e capace (sempre che ci sia) che pagare un consulente esterno.
è anche più semplice di solito, perché un dipendente è sempre in azienda, può costantemente raccogliere materiale di prima mano e soprattutto in tempo reale.
Con un consulente esterno ci vuole necessariamente una proprietà ben disposta a raccogliere materiale e condividerlo. Anche questo comporta una spesa di tempo e di dedizione non indifferente.
Detto questo se tu ci riesci sei bravo, ma soprattutto sei fortunato. Non sempre i clienti sono così collaborativi.
Commento da Antonio Greci — 18 Dicembre 2013, alle ore 11:53
Concordo con marge al 100%. Non so se può essere utile dire che nel 1990 esistevano “soggetti” che vendevano alle aziende tabulati di fantomatici “nuovi” clienti.Io vendevo e facevo consulenze aziendali per una multinazionale molto seria ed ho vividi ricordi dei risultati a cui arrivava chi si affidava a tali “fenomeni” del marketing. Detto questo, non è neppure facile far capire ad un dipendente il valore aggiunto a cui può aspirare “imparando”, attraverso l'”apprentissage” per una professione che vale molto sul mercato del lavoro. La radice del problema è la provincialità degli imprenditori e manager con cui essi affrontano il problema. Parlo di provincialità perché posso confrontare i post che leggo in questo blog con le realtà che conosco in giro per il mondo. Non è cambiato nulla, e me ne dispiace perché tra poco mi ritirerò dal lavoro e constato che in tanti anni non è proprio cambiato nulla: di improvvisatori son piene le fosse. Per lo meno attraverso questo blog posso sperare in giovani consulenti seri e competenti che non guardano al costo ma al risultato. In sostanza, come appresi a mie spese da giovane a Parigi: …quando “il dichiarato” non corrisponde al “percepito” se non attraverso le sue distorsioni, possiamo iniziare a dubitare sull’attendibilità delle informazioni ricevute e quindi iniziare il nostro piano di marketing, da un punto di partenza più realistico … .
Commento da marghe — 19 Dicembre 2013, alle ore 09:19
Ciao Antonio ben tornato! Ma sai che secondo me a volte questi consulenti sono bravi anche a far percepire qualcosa di diverso dai risultati?
Vorrei tanto conoscere qualche hotel che si è affidato a questi consulenti e che impressioni ha avuto in seguito.
Commento da Antonio Greci — 20 Dicembre 2013, alle ore 05:20
Ciao marghe,
assente giustificato.
Nomi non se ne fanno ma sarebbe sufficiente indagare presso le strutture che hanno vissuto grazie ai vari enti fiera e che ora annaspano perché “pantalone” non paga più. Io sono un cultore di “Amici miei” in quanto l’autoironia che pervade i fatti ed i personaggi è perfettamente rappresentativa la realtà italiana. Basta poco per illudere chi sta annaspando. “Acquista fan targhettizzati” come “mood” contengono o sono sostantivi che esprimono una profonda distorsione percettiva del dichiarato. Conosco direttori che presumono di poter affrontare il mercato scaricando dal web “programmini” di marketing con i quali, ripeto, presumono essere al passo con i tempi. Cari miei, vi è una grande differenza tra formazione ed educazione, l’una lavora di braccio, l’altra di mente. Inspiro profonda soddisfazione quando vedo qualche giovane consulente che sa dove mettere le mani senza tanti giri di parole perché educato a pensare. Un esempio di improvvisatore? Provate ad individuare chi e come propone, ancora, “Files di competitors” basandosi su modelli di calcolo superati e chiedetene un riscontro matematico oggettivo. Ne sentirete e vederete delle belle; tipo: analisi delle tariffe double use single per corporate in centro storico, ripeto, double use single in centro storico in zona ztl. Che ne dite? Ideale per i corporate che arrivano in auto, non vi pare? Come se il double leasure fosse secondario in centro storico rispetto al corporate. Mi sono ripromesso che quando smetterò di lavorare, per dimenticare andrò a riposare in sud america dove incontrerò le balene con cui dialogare.Spero senza stressarle.
Commento da Vincenzo21 — 23 Dicembre 2013, alle ore 02:44
Articolo che condivido al 100%, non fa una piega.
Ho vissuto un’esperienza del genere quando un albergatore mi chiese di analizzare la sua situazione. Si trattava di un hotel che lavorava solo d’estate, nei mesi freddi era ovviamente vuoto dato che si trovava in una località balneare, ma rimaneva comunque aperto perchè offriva molti altri servizi. Mi chiese come poter attirare più clientela anche in inverno e autunno, soprattutto sfruttando le nuove tecnologie. Stiamo parlando di un albergatore “vecchio stampo”, di quelli che non ama o non conosce bene internet, ma ne aveva sentito parlare.
Mi presi una settimana di tempo per analizzare il tutto, andai a visitare la struttura e la zona circostante presentando poi un piano dettagliato con i punti di forza su cui puntare per attirare la clientela anche nel perodo freddo, fidelizzare i clienti, e creare una sorta di passaporola. Presentai il tutto chiudendo il discorso con la frase:
“…con questo non le prometto che l’hotel sarà pieno, ma di certo già nel breve termine avrà un minimo di occupazione nella bassa stagione. Il lavoro porterà un miglioramento di immagine che le può comunque consentire di presentarsi ancora meglio nell’alta stagione avendo più richieste e potendo dunque alzare i prezzi.”
Il giorno dopo mi chiamò per dirmi che rifiutava la mia proposta.
Dopo una settamana venni a sapere da un’altra persona che l’albergatore in questione aveva accettato la proposta fatta da altri, economicamente più bassa della mia, che prevedeva spam con newsletter a migliaia di e-mail.
È passato quasi un anno da allora, per quanto mi è stato detto l’altro giorno, l’albergo continua ad essere aperto ma da metà ottobre è quasi sempre vuoto….
Commento da Vincenzo21 — 23 Dicembre 2013, alle ore 03:11
Non posso che condividere del tutto anche gli argomenti riportati nei commenti, soprattutto quelli di Antonio e Marghe
C’è una cosa che ho notato, soprattutto qui a Roma, dove vivo e lavoro. Gli albergatori si dividono in due categorie, quelli che investono (e lo fanno con intelligenza), e quelli che tirano a campare (spendendo il minimo necessario e male).
Senza dubbio chi vuole investire bene per migliorare la propria visibilità vaglierà più proposte e dopo averle studiate sceglierà la più convincente e non la più economica. In questo caso stiamo parlando di un ottimo imprenditore. Di certo questo tipo di albergatore avrà un albergo con una struttura in buono stato, personale ben preparato e con delle precise funzioni da eseguire. Sceglierà a seconda dei casi se per una determinata cosa è meglio una consulenza esterna o formare il proprio personale.
In questo profilo entra ovviamente l’Artemide che da anni “studio” come esempio da seguire insieme ad altre 5 o 6 strutture a Roma.
Dall’altro c’è l’albergatore che investe il meno possibile, ha una struttura datata, con stanze che andrebbero rinnovate, dipendenti ridotti al numero minimo e sovraccarichi di lavoro, e l’unico modo per farsi prenotare è quello con la quale cede laute commissioni alle agenzie (e parlo di gente che ha il 35% di commissione su Booking.com). Chiede pareri esterni, ma storce il naso, vuole pagare poco e nemmeno di fida.
E con questo esempio mi riferisco a tanti casi reali con la quali mi sono imbattuto.
Ecco, per il secondo tipo di albergatore elencato se vuole può provare a migliorare la propria visibilità su internet ma sarebbero soldi sprecati, dato che il cliente potrà anche essere attratto da qualche bel post su facebook, ma poi troverà camere non all’altezza, personale frettoloso e magari anche stressato per il troppo carico di lavoro….non potrà che uscirne un feedback negativo…
Il concetto per me è sempre quello:
“Più spendi e più guadagni”.
Certa gente non lo capirà mai…. ma all’Artemide ad esempio l’hanno capito.
Commento da Andrea Corda — 26 Dicembre 2013, alle ore 11:57
Ciao Marghe, io condivido pienamente il discorso costi, e ai miei clienti lo dico sempre!
Per me la soluzione interna è sempre la migliore, per quello comincio sempre progetti pluriennali che sono volti al miglioramento delle performance del sito aziendale. La parte di social media marketing non è sviluppata mai come potrebbe fare una risorsa interna, ma gli strumenti che mettono a disposizione (e che la maggior parte degli addetti ai lavori non conoscono) le piattaforme social, un piano editoriale sviluppato con chi dirige l’albergo e soprattutto l’ottimizzazione dei budget delle inserzioni, fanno si che il costo annuo che sostengono con un consulente esterno come me ( che costo 1 decimo di una risorsa interna!!!) portino dei risultati ottimi. Detto questo si tratta di pochi casi, che con grande fortuna sono possibili grazie alla fiducia che l’albergatore ripone nel consulente ed al fatto che lui stesso capisca l’importanza dello strumento e si renda sempre disponibile a collaborare nel pianificare questa attività.
Commento da Fabi0 — 5 Gennaio 2014, alle ore 20:24
Ciao a Tutti,
Quando si parla di social mi piace sempre intervenire.
Innanzitutto bisogna fare un chiarimento e per farlo farò un esempio.
Appena uscito Facebook tutti pensavano “o guarda ora mi metto su fb metto due foto dove sembro figo/a e tutti vorranno parlare con me, uscire con me” in poche parole si pensava che Facebook fosse uno strumento per diventare più cool!
Facebook invece è un semplice amplificatore di quello che siamo, un megafono alla comunità online.
La strategia social parte da un analisi della struttura.
Cosa offriamo perché siamo remarkable, se siamo noiosi, un semplice luogo per dormire, risulteremo ancora più noiosi sui social.
Cito un passaggio del vostro articolo su airbnb dove una lettrice del The Globe and Mail recitava “Se sei il tipo di viaggiatore che ama immergersi nei luoghi che sta visitando e dimenticare di essere un turista, è una fantastica scelta. Gli hotel sono così fuori moda.” – See more at: http://www.bookingblog.com/siamo-tutti-albergatori-airbnb-punta-a-diventare-rete-hospitality-grande-mondo/#more-9185
Come dice la lettrice la struttura tipica italiana è fuori moda non è interessante, bisogna sapere reinventare.
Esempi? una saletta cinema, un escursione gratuita organizzata da uno del vostro staff (non gli impersonali tour dove prendete commissioni), un massaggio a domicilio, ci sono miriade di iniziative a costo zero che vi faranno uscire dalla massa.
Consiglio vivamente a tutti gli albergatori che regalano soldi a saccenti “Esperti” social, a investire quei soldi a dare servizi fuori dall’ordinario alla propria struttura.
Questo creerà un effetto social organico gratuito, e sopratutto renderà gli ospiti più contenti.
Naturalmente affidare la comunicazione di queste iniziative va affidata ad un membro dello staff, e statene certi tra il vostro personale ci sara un facebook addicted che ne sarà all’altezza.
Vi posto la nostra pagina per vedere cosa facciamo
https://www.facebook.com/TheYellowRome
Ps i like sono tutti VERI.