BTO 2014 Live – Big Data, Measurement & Analytics
3 Dicembre 2014“Big data, un termine un po’ abusato, diciamo la verità” dice Mirco Lalli, presentatore del panel. Numeri, bit, computer, sono le prime immagini che troviamo su Google quando cerchiamo questo termine, un’immagine un po’ spersonalizzata. “Ma i Big Data non sono una cosa da nerd“, è una grande tecnologia che ci permetterà di raggiungere molti traguardi, verso e da le persone.
“A dispetto di quello che si possa pensare, nel turismo non c’è niente di più umano dei big data“, che non sono solo numeri e dati, ma sono le tracce che gli esseri umani lasciano ogni momento online, attraverso ogni device, per raccontare le loro vite, le loro esperienze di viaggio.
“Big data is about people”
I dispositivi mobile sono dei produttori naturali di big data, perché ognuno di noi è costantemente connesso. Ognuno di noi lascia delle tracce, volenti o meno, sui dispositivi digitali, come i pagamenti, i check in, le foto condivise durante una trasferta.
Le persone sono non solo le prime protagoniste a produrre big data, ma saranno anche le prime beneficiarie dei big data.
Non sarebbe bello se l’albergatore riuscisse a sapere grazie a questi dati chi è la persona che deve accogliere prima ancora che raggiunga l’hotel o il sito?
“La personalizzazione dell’esperienza, il sacro graal del turismo di oggi, può essere raggiunta proprio grazie ai big data.”
Ma molte sono le domande che sorgono intorno a questo universo: quanto costano? Possono beneficiarne le grandi imprese o anche le piccole? Ne parlano Ultan O’Brien di Boxever – che si occupa di analisi big data per grosse aziende anche nel turismo – e Luis Cordoba di Andalucia Lab, che sta sperimentando invece l’uso dei big data per migliorare il marketing del territorio in Spagna.
Boxever: i 7 peccati capitali dei big data
Boxever si occupa di marketing studiato per le grandi aziende del turismo: portali e compagnie aeree soprattutto. Grazie ad una intelligence capace di vagliare, raccogliere e analizzare anche i più piccoli dati più “oscuri” relativi ai clienti, queste compagnie possono mirare a personalizzare al massimo l’esperienza sul sito ufficiale.
“Voglio introdurre a Firenze l’argomento alla maniera di Dante – dice O’Brien – vi spiegherò quali sono i sette peccati capitali dei big data?”
1. NON sottovalutare neanche il più piccolo dato
Il mondo è cambiato e i piccoli dati, paradossalmente, sono ancora uno dei grossi problemi dei Big Data. Abbiamo lavorato con Ryanair e eDreams e una delle loro richieste era come inviare meno email ma più efficaci. Abbiamo dovuto analizzare davvero anche le più piccole stime per definire la formula perfetta per ciascuno di loro.
2. NON pensare ai clienti come se arrivassero da un solo canale
Non ci focalizziamo su un solo canale per volta. Oggi dobbiamo mixare le informazioni per avere una visione più definita delle persone.
3. NON focalizzarsi sulle analisi più che sull’azione
Di solito si fanno report e analisi che poi non si traducono in azioni concrete. Oggi con i Big Data possiamo fare tutto, dal cambiare i prezzi, al sito, alle newsletter, subito e immediatamente, diminuendo i costi e diventando più efficienti.
4. La segmentazione NON è importate quanto la personalizzazione
La micro segmentazione è sempre un corollario alla personalizzazione del servizio, se si vuole diventare davvero rilevanti per un cliente. Non basta più suddividere i clienti in gruppi con comportamenti simili, bisogna pensarli singolarmente, come se ognuno fosse unico e dunque creare per ciascuno una offerta diversa.
5. NON considerare il contesto come la cosa più importante nel Travel
Dobbiamo pensare al cliente singolarmente prima del contesto.
6. NON focalizzarsi solo su una parte dell’esperienza
Ogni cosa deve essere personalizzata in totale. Ogni singolo pezzo di esperienza. Dal pre acquisto, al durante, al post.
7. NON considerare i clienti razionali ma imprevedibili
Non finiamo mai di conoscere i nostri ospiti e non dobbiamo sempre partire prevenuti. I comportamenti cambiamo costantemente come cambia il mercato, dunque ciò che andava bene ieri potrebbe non andare più bene domani. Analizzare costantemente i dati provenienti dai clienti ci permette di mantenerci sempre in linea con le loro aspettative.
Andalucia Lab: le piccole aziende del territorio
“Potete immaginare se riuscissimo a raccogliere tutte le foto che vengono fatte dai turisti in un anno a Firenze? Potremmo rappresentarle in una mappa e avremmo un modello preciso dei comportamenti dei turisti,” dice Luis Cordoba.
Si potrebbe capire dove e quando sono state scattate tutte le foto. Con queste informazioni potremmo fare moltissimo sia nel pubblico che nel privato, per prendere le decisioni migliori lato marketing.
I Big Data sono molti, devono essere raccolti, conservati e utilizzati, tutto questo in tempo reale, dunque è importante affidarsi a dei professionisti. Certo, penserete che i Big Data sono solo per grandi aziende, come TripAdvisor o Instagram, che si appoggiano largamente ai Big Data.
Ma anche per l’hotel o per un territorio l’analisi dei dati può diventare una miniera d’oro. Un esempio è proprio quello dell’Andalucia e del suo business B2B.
Andalucia Lab ha raccolto dati e informazioni da quasi 800 alberghi categoria medio alta in otto grandi città in zone costiere. Ha raccolto informazioni anche da OTA su otto attributi, come la location, ristorazione, servizi, rapporto qualità prezzo, pulizia, ecc.
Sono state analizzate le recensioni, quasi 400.000 commenti e ne è emersa una fotografia della reputazione dell’Andalucia.
Tutte queste informazioni saranno poi utilizzate sia a livello globale che a livello di singole strutture per migliorare l’esperienza turistica degli ospiti e investire meglio il budget marketing.
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