BTO 2013 Live – Google e il Made in Italy

leggi l’articolo completo...Google si sta aprendo all’Italia: da ottobre, con la lettera pubblicata dal presidente Eric Schmidt su Repubblica, Google ha palesato l’intenzione di investire perché l’eccellenza italiana trovi maggior spazio online.

Diego Ciulli, Senior Policy Analist di Google, sarà a BTO per parlarci dei progetti di Google in Italia, che comprende anche il Turismo: far conoscere le eccellenze nascoste, diffondere le competenze digitali e valorizzare i giovani come promotori della transizione al digitale della nostra economia che oggi ha così tanto bisogno di riprendersi.

Diego Ciulli sta coordinando le attività proposte da Google per favorire la crescita italiana su Internet. “Noi ci siamo convinti che l’elemento vero di ricchezza del made in italy non siano il prodotto e il territorio ma la sintesi straordinaria di questi due fattori,” dice Ciulli.

Detto questo ci sono dei blocchi, tecnici ma soprattutto culturali in Italia. La coda lunga dimostra però che anche le piccole realtà possono farsi conoscere: perché non imparare a sfruttare la rete per presentarsi e raccontarsi raggiungendo il target di riferimento? Ciulli dice che il “made in Italy è fatto apposta per la rete”.

 

Il Made in iTaly è fatto per vincere sul web

I numeri dicono a Google che nel mondo il Made in Italy viene cercato in modo impressionante: è circa il terzo brand più conosciuto nel mondo. Le ricerche correlate al Made in Italy sul web sono cresciute dell’8% in un anno secondo Google Trends.

C’è una crescita forte della ricerca soprattutto in India, in Russia, negli Emirati Arabi, e non solo in uno dei nostri mercati principe, che è l’Europa.

Il trend sempre in crescita positiva è il Travel insieme al settore food. In Russia il turismo italiano è cresciuto del 29% quanto a ricerche online.

Questo significa che il mercato potenziale è enorme e non va a toccare solo i grandi player.

Il problema vero non è la richiesta, ma l’offerta online, che oggi non è adeguata.

Sono i contenuti online che di fatto pilotano la scelta: la presenza sui social network, le proposte dei musei, delle mostre, le informazioni. E Questo manca fortemente in Italia.

Una ricerca di Google condotta insieme a Oxford Economics (www.oxfordeconomics.com/google) su Spagna, Italia e Grecia e appena presentata ad Atene, spiega proprio l’impatto dei contenuti online sul turismo.

In Italia il problema è che non reggiamo gli standard richiesti: i siti non sono abbastanza aggiornati, ben fatti, usabili e accessibili. Il 51% del nostro target è online per cercare informazioni su viaggi ma di fatto in questo modo non può trovare quello che cerca.

Uno dei principali elementi di attrazione ovviamente è la cultura, ma la cultura non viene adeguatamente presentata e valorizzata online: pensiamo all’assenza e alle mancanze digitali di musei, mostre e siti archeologici, che non sanno comunicarsi online.

Gli studi dimostrano la forte correlazione tra la presenza online e la fetta di mercato turistico, ma l’Italia possiede solo le briciole nonostante le sue altissime potenzialità.

Internet è sottoutilizzato in Italia: la possibilità di dare impulso all’economia attraverso l’incremento dei contenuti online di turismo è tangibile e concreta.

Sfruttando appieno le potenzialità del turismo online potremmo ottenere secondo Google:

  • Posti di lavoro: 250.000
  • Crescita PIL: 1%

Perché si sa, investire sul Turismo come volano dell’economia potrebbe portare molto più che ricchezza e turismo. Ne và della crescita intera del Paese.

Secondo Google basterebbe che per una volta le Istituzioni credessero in chi innova e che si diffondesse maggiormente una cultura digitale, dal basso.

 

La sfida: rafforzare il web… ma come? E soprattutto, chi?

Per Google il Made in Italy è un patrimonio universale che deve essere messo online. Ciulli dice che Google ha in mente un ampio programma di iniziative.

In anteprima Google afferma di aver gettato un ponte tra le Istituzioni e chi conosce la produzione d’eccellenza del Paese per valorizzare i nostri prodotti ma anche per aiutare i giovani a entrare nel modo del lavoro attraverso il digitale.

La chiave potrebbe essere affiancare agli artigiani dei giovani che sappiano raccontarli e commercializzarli online. I giovani dovrebbero diventare veicoli digitali nella nostra economia. 

Certo verrebbe da dire “se non lo vedo non ci credo”.